Febbraio 4, 2021

La storia di Ettore Michielan, dalla malattia al ritorno in campo

Alice Chiarot

Ettore, per la mitologia greca, era il valoroso principe troiano che con forza combatteva in nome del suo popolo e della sua città i nemici in battaglia. Era un uomo pieno di coraggio, agile e attento a evitare le lance dei nemici, sempre pronto ad affrontare le sfide che gli si ponevano davanti; era anche un abile oratore. Il più delle volte lo si vede rappresentato armato con scudo e lancia.

Ettore dei giorni nostri invece è invece un giovane giocatore di volley, classe 2003. Tanto quanto il principe troiano, nonostante la giovane età, forte del sostegno del suo “popolo” (la famiglia e la sua società sportiva) ha combattuto con forza la battaglia più grande che esista e l’ha vinta. Il suo tratto distintivo? Un cappello giallo da pescatore da cui non si è mai separato durante tutto il periodo del combattimento.

A raccontare delle proprie “gesta” è lo stesso Ettore Michielan in un video pubblicato dalla sua società di pallavolo, il Volley Treviso. 7 minuti da ascoltare tutti d’un fiato: non ve ne pentirete.

La sfida comincia il 23 marzo 2019 quando, dopo ripetuti mal di testa e malesseri che non lo facevano nemmeno reggere in piedi, viene portato in ospedale. Lì, dopo alcuni esami, viene trovata una ciste all’interno del suo cervello responsabile del blocco del passaggio del liquor all’interno della testa.

E che Ettore sia un ragazzo forte e molto in gamba, al pari dell’eroe troiano, lo si capisce subito. Il suo primo pensiero, davanti ai medici che annunciavano a lui e ai genitori l’esito degli esami, è andato immediatamente all’ultima partita del campionato regionale: Treviso, prima in classifica, avrebbe dovuto sfidare la terza in classifica. Davvero un peccato non poterla giocare.

Dopo questo momento ne sono arrivati altri, ben più duri, come la scoperta che non si trattava solo di una ciste ma di un tumore disseminato all’interno della testa. La sua personalissima “guerra di Troia” è cominciata proprio in quel momento quando si è sottoposto a diverse operazioni e alle successive 25 sedute di radioterapia per sconfiggere il grande nemico.

In questo difficile percorso, racconta, il sostegno dei genitori e sorelle così come di tutti i compagni di squadra sono stati fondamentali per affrontare con lo spirito giusto questa battaglia. Sarebbe molto facile pensare che non ci siano stati momenti difficili sia durante sia alla conclusione di questo viaggio: «Ricominciati gli studi e l’attività agonistica mi sono reso conto che non riuscivo più a fare le cose come le facevo prima. In quel momento mi sono sentito completamente solo, perché non ero più io che affrontavo qualcosa con l’aiuto delle altre persone. In quel momento ero io in gioco con me stesso. Chiedevo perché dovesse essere successo a me […]» Ettore però, settimana dopo settimana, è stato in grado di superare anche questi alti complessi step.

Il ritorno nel campo di battaglia a lui più congeniale, ovvero il campo da gioco, è avvenuto nel gennaio 2020 in un misto di emozione, commozione e anche qualche risata. A inizio riscaldamento infatti, l’allenatore ha fatto credere ad Ettore che il suo nome non fosse stato trovato nel referto elettronico e che quindi non avrebbe potuto giocare; ma così ovviamente non è stato e il libero è tornato così sul taraflex pronto per la partita.  

Ettore, forte della propria esperienza e della propria battaglia vinta racconta che oggi: «Ogni cosa che faccio la vivo con molta più emozione, non posso farla cadere senza un senso. Ad esempio il mio voler tornare a giocare, io mi sono impuntato di voler ricominciare a giocare, e ho ricominciato a giocare». A chi si trova ora in questa situazione o potrebbe ritrovarcisi dice: «Mai arrendersi, bisogna sempre trovare il lato positivo anche nelle cose negative. Abbiamo bisogno di normalità, di scherzare, di sorridere, per non essere racchiusi in quella bolla di dolore e tristezza che viene causata dalla malattia».

Il suo sogno nel cassetto? Da sportivo, sicuramente quello di continuare a giocare nel ruolo di libero per raggiungere risultati sempre più alti – il campionato di Serie B è cominciato proprio questa domenica – e raggiungere la massima serie; una volta conclusa la carriera da atleta invece, il sogno è quello di rimanere nell’ambiente come allenatore.