Gennaio 28, 2021

«Chi ci ridarà i nostri vent’anni?» Pallavolo e Generazione Z

Redazione

Questo momento visto da oltre cento atleti della Generazione Z

Era una settimana di dicembre, la neve era venuta a farci una breve visita e mi sono accorta che nella mia playlist di Spotify c’erano ben due canzoni che si intitolavano “18 anni”: una degli Anarbor, l’altra di Ariete.

Parliamo spesso di Generazione Zeta, quella in cui i diciottenni sono dentro in pieno; che va dai 10 ai 25 anni e si colloca tra i fratelli minori della generazione Alfa (nati dopo il 2010) e i fratelloni Millennials (nati tra i primi anni ’80 e i primi anni ’90).

Oggi, invece che parlare della GenZ, facciamo parlare loro; non bastano due canzoni su Spotify per entrare in un mondo così complesso. Quindi mi sono affidata a tre giovani Z che hanno rivolto delle domande a più di cento atleti loro coetanei: Arianna (classe 2000) ha messo a punto delle domande riguardanti l’ambito sportivo; Rachele (2005) ha messo a fuoco un aspetto psicologico molto delicato, qual è appunto l’ansia; infine Rio (2002) si è occupato della vita e ha formulato delle domande riguardanti alcune tematiche più esistenziali. Se posso dire la mia, sono stati eccezionali: con la metà degli adulti che ci sono in giro non si lavora così bene…

Io mi sono limitata a mettere in ordine la mole di risposte ottenute. Per il resto sono stata zitta e ho ascoltato.


Il questionario

L’intervista ha avuto un successo inaspettato fino a raggiungere, in meno di una settimana, più di cento giovani atleti: ne è emerso uno spaccato davvero interessante che lascia intravedere alcuni caratteri della generazione adulta di domani.

«Dalle risposte di un centinaio di atleti intervistati – ci racconta Arianna – emerge più o meno esplicitamente la volontà e l’urgenza di un ritorno alla normalità che fino a poco fa davamo tanto ingenuamente per scontata. E la davamo per scontata fino al momento in cui ci sono state letteralmente strappate dalle mani le nostre giornate, i nostri incontri e scontri, le nostre fughe, i nostri posti, il nostro sport».

«Sì, perché – continua Arianna – il questionario che abbiamo preparato parla un po’ di tutta quella sfera che appartiene a questa “generazione del futuro”: parliamo di lockdown ma anche di musica, famiglia, passioni, di ansie, scoperte e mancanze e ci rivolgiamo direttamente agli sportivi e alla loro attività fisica».


Lockdown, responsabilità sociale e regole

L’85% degli intervistati accetta le restrizioni di questo periodo, avendo consapevolezza che i limiti alla nostra libertà sono da ritenersi necessari quando è in gioco il bene della collettività; in molti dichiarano che questo tempo di isolamento forzato porta a riflettere su alcune problematiche spesso trascurate, come quelle riguardanti il sociale. Solo l’8% confessa di non sopportare le restrizioni e di essere spesso assalito dalla “voglia di infrangere la legge”.

Il 72% degli intervistati si rende conto di star perdendo tempo ma dichiara che non è colpa di nessuno: le restrizioni sono inevitabili. Nelle risposte emerge sì amarezza per le occasioni perdute e le esperienze preziose cui rinunciare, ma quella amarezza non cede allo scoraggiamento. E alla domanda “chi ci ridarà i nostri vent’anni”, la risposta è un coro (82%) di responsabilità e fiducia nel domani: “ce li riprendiamo noi i nostri vent’anni; se non ci svegliamo noi, nessuno lo farà al posto nostro!”


Solidarietà e famiglia

L’89% degli intervistati sostiene che sacrificarsi per tutelare le fasce più deboli sia indispensabile e giusto: i nostri nonni sono una ricchezza da tutelare, anche perché ci riportano le loro esperienze, la loro storia; ci consigliano, ci sostengono. Tra questi il 40% sostiene che tutti potremmo trovarci in situazioni di fragilità.

Al cinismo di qualche politico che definiva gli anziani come non indispensabili allo sforzo produttivo del paese, la generazione Z risponde con forte senso di umana solidarietà: nessuna guerra generazionale insomma.

Anche il rapporto con i genitori, nonostante la stretta convivenza imposta dal lockdown, non va male, anzi: il 42% sostiene che più tempo si passa insieme e più il rapporto cresce; solo il 3% chiede ironicamente di essere adottato


Ansia

L’86% degli intervistati dichiarano di conoscere l’ansia. Molti la definiscono come una sensazione angosciante e limitante, spesso accompagnata da reazioni quali pianto o tachicardia.

Arianna cerca un senso: «Trovo assurdo, ma allo stesso tempo necessario, il bisogno di inserire all’interno di un questionario rivolto ai giovani della cosiddetta “generazione Z”, domande che mirano a comprendere lo stato d’ansia che li travolge in questo periodo così delicato. È un segno chiaro che ci fa capire che qualcosa non va, che qualcosa va storto e non solo perché ce lo dice il “comitato tecnico scientifico” (da leggere con la voce del presidente), ma risulta evidente agli occhi di tutti quanto alcuni ragazzi e ragazze siano immersi fino al collo in una condizione di stress poco umana e per nulla naturale!»


Lockdown, opportunità e passioni

Costretti a cambiare il loro stile di vita, come vivono il tempo libero gli sportivi della generazione Z? Cosa li salva dall’inerzia del lockdown?

La risposta è una: “le nostre passioni”. Al primo posto lo sport (40%), al secondo la musica (30%).

Molti inoltre si dedicano ad attività nuove. Durante questi lockdown hanno scoperto qualcosa che forse la routine quotidiana non gli permetteva: cucinare, scrivere “minilibri”, disegnare, suonare il pianoforte, la chitarra, il basso; camminare, correre, andare in mountain bike. Imparare nuove lingue. Dedicarsi alla fotografia e ai video. Persino lavorare su sé stessi, riscoprendo il proprio corpo con lo yoga o imparando ad accettare le strane dinamiche di questo tempo con la virtù della pazienza. Tutte cose belle, fantasiose e utili!


Sport e aggregazione

Solo il 30% dei giovani intervistati, a dicembre, stava continuando l’attività sportiva in palestra o sul campo. L’80% di chi continua con gli allenamenti ammette: “Mi dispiace per gli altri, ma sono felice di poter continuare i miei allenamenti. PALESTRA is the new DISCO!”.

Chi non si sta allenando in presenza invece fa fatica a dare continuità ai suoi allenamenti. Il 65% afferma di sentire molto la mancanza del contatto con il campo, con la palla, con la gara e che a casa vengono meno gli stimoli. Da questo punto di vista sono le società sportive a fare la differenza. Molte si stanno dando da fare per continuare il percorso dei loro giovani atleti: il 72% dei ragazzi infatti è impegnato con allenamenti online e solo il 10% dichiara di essere stato “abbandonato” dal suo team in attesa di tempi migliori…

Le motivazioni di chi continua ad allenarsi sono varie: il 48% si allena per sfogarsi e divertirsi. Il 35% per crescere come atleta, sfruttando questo momento. I grandi atleti del resto si sanno adattare. Il 10% si allena per avere un “fisico bestiale” e il 7% tira avanti perché costretto dall’allenatore…

La maggior parte (55%) si allena 2 volte a settimana. Pochi invece quelli che fanno più di tre allenamenti (15%) e solo il 10% non si allena mai.

Ma ciò che manca di più ai nostri giovani atleti è lo stare insieme. Il 70% dichiara che il gruppo incide moltissimo sul modo di allenarsi; tra questi il 35% ammette: “non so vivere senza i miei compagni di squadra“.

Infine ci incuriosisce capire quanto questo stop di quasi un anno dall’attività agonistica potrà influenzare il rientro in campo a livello di prestazione e di ansia. Qui il 70% risponde da vero atleta: “ogni partita, ogni gara è a sé e nulla sarà cambiato, sono una persona lucida”. Solo l’8% pensa che avrà più paura e ansia di prima.

«Lo Sport per me -dice Arianna– rappresenta un posto: un “posto fisso” per chi, di questa passione, ne ha fatto un lavoro; ma anche un posto sicuro per chi cerca “solamente” emozioni. Lo sport, nella sua infinita molteplicità di espressioni corporee, può essere universalmente ricondotto sul piano emotivo ad una serie di costanti che lo rendono una delle cose più belle del mondo. Lo Sport, quello con la S maiuscola, è un “posto stupendo” dal quale è difficile uscire una volta che ci sei entrato dentro. Lo Sport, qualunque esso sia, è adrenalina, disciplina, soddisfazione e obiettivi. Il mio sport, la pallavolo, è squadra. Si dice che lo sport non costruisca la personalità, ma che la riveli ed è proprio questo che mi piace sottolineare: l’immenso potenziale di crescita personale che esso ci offre. Una valvola di sfogo così importante per i nostri “giovani Z”, di cui ora si sente più che mai la mancanza: le luci di troppe palestre si sono spente ormai da un po’ e con queste anche i sogni di molti di noi».

E conclude: «Ho nostalgia dello spogliatoio, uno dei pochi posti dove sono davvero me stessa. Ho nostalgia di sentire attiva ogni parte del mio corpo. Ho tanta nostalgia di sentirmi bene, a mio agio, al mio posto».

Articolo originale di Antonella Leuzzi di ReteTerzoTempo.