Marzo 12, 2020

Problemi di Volley in quarantena

Tommaso Dotta

Ogni giorno un Pallavolista problematico si sveglia in quarantena e sa che dovrà fare a meno della sua più grande passione. Sono tempi duri e ognuno reagisce a modo suo, secondo la propria natura.


1 – Lo stacanovista

Non sia mai che la stagione ricominci all’improvviso e lui si faccia trovare fuori forma.

Al mattino corsetta in solitaria per le strade semideserte, con autocertificazione tattica in caso di posto di blocco delle forze dell’ordine.

Nel pomeriggio in salotto si parte con la tabella degli esercizi: cinque ripetizioni di up-down plank per tre serie con un recupero di trenta secondi tra una e l’altra. Tre serie da cinque jump squat. Tre serie da dieci crunches.

Lancia in aria e palleggia qualsiasi oggetto gli capiti a tiro: arance, libri, gatti, figli.

E poi bagher nel muro, attacchi nel muro, battute nel muro. Almeno fino a quando i vicini di casa non si presentano alla porta con un piglio deciso e una mazza da baseball sotto braccio.


2 – Il fancazzista

Il classico giocatore che al termine dell’estate si presenta in palestra con la forma fisica di un canotto. Al rientro dalla sosta natalizia assomiglia a un panettone. Dopo il weekend di Pasqua, è reattivo come una colomba.

La quarantena del Coronavirus non è da meno.

Il massimo dell’attività fisica che compie è quella di trascinarsi dal letto al divano e viceversa. Alzarsi per raggiungere il telecomando è uno sforzo da soppesare con attenzione.

Ha già finito le razioni di cibo acquistate durante il primo raid ai supermercati, in cui aveva speso circa 630 euro.

Superata la settimana, preso da un filo di sensi di colpa, stende il tappetino e prova a fare un paio di allungamenti con un rantolo di agonia. Constatato che, a gambe distese, non riesce già più a toccarsi le punte dei piedi, saluta con la mano quei sensi di colpa e se ne riparla alla fine dell’emergenza.


3 – Il tifoso

In preda alla desolazione, l’appassionato di Volley in quarantena apre il palinsesto di Rai Sport per controllare se per caso ci fosse qualche replica di Superlega o Lega femminile.

E invece niente. C’è la 5° tappa del Giro del Wyoming, il Palio dei criceti e una gara di vela intorno alla Svizzera.

Finisce così per perdere 28 minuti a guardare su YouTube il tie break tra Trento e Macerata del 2012. Oppure a spararsi per la quattordicesima volta Italia-Usa, la semifinale delle Olimpiadi di Rio.

Meno male che su Twitter è partito l’hashtag #quarantenabona con cui ci si può rifare gli occhi con una collezione considerevole di pallavolisti manzi.


4 – Il coach

Il coach di Volley è di norma abituato a vivere in uno stato di ansia perenne.

Ho compilato il camp3? Chi viene alla partita come segnapunti? E il BLS-D? Ci sono i posti in auto per andare in trasferta? Parto in p1 o in p2? È domani che Francesca ha gli scout? Lorenzo ha recuperato da quella pellicina strappata? Dov’è Bugo?

Ecco, questa paranoia non lo ha abbandonato completamente nemmeno oggi che tutto è fermo. E così passa buona parte delle giornate a preparare allenamenti che non vedranno mai la luce, esercizi che funzioneranno solo nella sua testa, video call con la squadra.

In alcune notti si sveglia di soprassalto chiedendosi cose come: «La borsa medica! Qualcuno ha preso la borsa medica??».

Ogni tanto ha un senso di colpa. Sa di essersi augurato, durante la stagione, almeno un paio di volte l’arrivo di una pandemia mondiale che ponesse fine a tutto quanto. Non è che qualcuno, questa volta, lo ha davvero ascoltato?


5 – Il problematico con figli

Ci sono quei genitori ancora in attività che, durante la stagione sportiva, hanno i bimbi in tribuna come piccoli ultras. Oggi questi genitori usano i figli come scusa per sfogare i loro più bassi istinti pallavolistici. «No ma non sono io: è il piccolo / la piccola che vuole giocare». Ceeeerto.

Poi ci sono quei genitori per i quali la pallavolo giocata è ormai un lontano ricordo. I figli sono ormai grandicelli. Eppure basta tirare un filo in sala o mettere in mezzo uno stendibiancheria, gonfiare un palloncino o arrotolare un paio di calzini. E, quando parte la sfida, ecco che la pallavolo torna subito a regalare un’emozione.


Poi arriva il momento di andare a dormire e il Pallavolista problematico, prima di spegnere la luce, si dice: «Pensa che bello quando potremo tornare a stringerci tutti con un abbraccio e urlare in mezzo al campo».