Maggio 21, 2021

Da Raphael a Matt Anderson: che talent scout la Tonno Callipo!

Tommaso Dotta

Sì, è vero: il palmares è importante per valutare il lavoro svolto da una società sportiva. I trofei in bacheca sono autorevoli.

Ma non sono tutto.

In Italia c’è una società che, negli anni, ha realizzato un’impresa molto sottovalutata: quella di riconoscere il potenziale di atleti stranieri ancora sconosciuti per poi lanciarli sul palcoscenico della pallavolo. Farli scoprire al grande pubblico e guardarli con orgoglio diventare campioni, andare alla conquista di Champions League e medaglie olimpiche.

È la Tonno Callipo Calabria Vibo Valentia, da ormai diverse stagioni l’unica realtà che rappresenta il Sud Italia in Superlega Credem Banca (dalla prossima saranno due, con la promozione della Prisma Taranto).

Grazie a dirigenti capaci, la Tonno Callipo è stata in grado negli anni di portare in Italia dei talenti in erba, permettendo loro di mettersi alla prova. Atleti che si sono poi affezionati alla Calabria, ne hanno apprezzato l’ambiente e lo hanno consigliato ad altri ancora, dando vita a un meraviglioso circolo virtuoso.

Lo sapevate, ad esempio, che il palleggiatore brasiliano Raphael De Oliveira ha esordito in Italia proprio a Vibo Valentia? Subito prima di vincere tutto con la maglia di Trento e conquistare fama mondiale.

E che dire di Murilo Endres, sbarcato in Calabria ventiquattrenne? Poi divenuto un idolo in Brasile, dopo aver condotto la sua Nazionale a due ori mondiali e due argenti olimpici.

Per non parlare degli statunitensi Matt Anderson e Reid Priddy, colonne del volley a stelle e strisce.  

Ve li racconteremo tutti, uno ad uno. Attraverso le voci dei dirigenti che li hanno scoperti, che li hanno affiancati nelle loro prime stagioni italiane.


Raphael e il Churrasco coi tifosi

Raphael de Oliveria Tonno Callipo

Poche squadre hanno segnato gli ultimi vent’anni di pallavolo italiana come la Trentino Volley di Kazijski e Juantorena, serviti dalle meravigliose mani di Raphael de Oliveira. All’ombra delle Dolomiti il palleggiatore brasiliano ha vinto due scudetti e due Champions League. Eppure la sua straordinaria carriera in Italia è cominciata alle pendici di ben altri monti: le Serre calabresi.  

«Scoprii questo giocatore grazie allo scambio di videocassette che, ai tempi, avveniva con gli altri allenatori – racconta Nico Agricola, oggi responsabile del settore giovanile della Tonno Callipo, ai tempi direttore tecnico -. Nel 2005 aveva vinto il Campionato Sudamericano. La prima cosa che mi colpì era l’ingresso e l’incredibile velocità di uscita della palla dalle mani. Era sotto contratto in Russia, ma capii dal suo procuratore che qualcosa non andava: non amava il freddo e l’isolamento. Riuscimmo a combinare, ma lo convinsi a firmare un triennale, perché avevo capito che avesse qualcosa in più degli altri». 

«Quella stagione fu purtroppo una corsa a ostacoli con mille problemi, soprattutto infortuni. Retrocedemmo in modo rocambolesco, ma Raphal onorò il contratto: rimase con noi in serie A2 e subito riconquistammo la Superlega. Fece una terza stagione, prima di andare a Trento e vincere tutto».

«Io gliel’ho sempre detto: non sembrava provenire dall’altra parte del mondo. Sembrava calabrese di qualche paese qui vicino, il ragazzo della porta accanto – racconta di lui Giuseppe Defina, storico team manager della Tonno Callipo Calabria Vibo Valentia -. Sempre col sorriso, sempre a scherzare. A Vibo d’inverno non ci sono molte diversioni, ma con la società e il pubblico si forma una famiglia. I giocatori venivano invitati a casa dei tifosi per le cene. Ricordo una volta in cui Rapha ha organizzato una serata di churrasco coi tifosi e ha voluto cucinare lui».

«Poi, quando entrava in modalità allenamento o partita, era in grado di chiudere quella parte festaiola e diventava un atleta molto dedito».


Murilo, il robot da allenamento

Murilo Endres non avrebbe bisogno di presentazioni. In Brasile è una leggenda. Con la Nazionale verdeoro ha vinto non una, ma due medaglie olimpiche d’argento, a Pechino 2008 e Londra 2012. È stato ben due volte Campione del Mondo, in Giappone nel 2006 e in Italia nel 2010. Era un giocatore completo, forte sia in attacco che in ricezione.

In Italia ha disputato tre stagioni con la maglia di Modena, ma è stata Vibo Valentia a fargli conoscere il Belpaese.

«Per i brasiliani Vibo è sempre stata un’ottima meta – spiega Agricola -. Ne sono sempre venuti tanti e continueranno a venire; per l’accoglienza familiare, per la tranquillità e per il clima, più affine a loro. Si è creato un bel passaparola».

«Murilo, rispetto a Raphael, era più introverso – ricorda Defina – ma aveva quella battuta di spirito che ti fa ridere perché non ti aspetti, che sembrava uscire fuori dal nulla. In palestra, sembrava un robot da lavoro. I brasiliani ai tempi uscivano dalla scuola di Bernardo, ed erano quindi abituati a lavorare per lunghissime ore. Al termine dei nostri allenamenti dicevano: “Abbiamo già finito?”. E poi andavano al mare, stavano sempre insieme, in un’atmosfera di festa».

Murilo Andres Tonno Callipo


Reid Priddy e il beach volley

Il campione olimpico Reid Priddy (oro a Pechino 2012) ha collezionato quasi 250 presenze schiacciando da posto 4 con la casacca a stelle e strisce degli USA.

Ha trascorso poche stagioni nel campionato italiano, ma una in particolare i tifosi di Vibo Valentia se la ricordano molto, ma molto bene: quella 2004-2005.

Tonno Callipo annata 2004-2005

Da neopromossa in serie A1, nella prima stagione in assoluto nella massima serie, la squadra giallorossa raccolse applausi raggiungendo la finale di Coppa Italia, poi persa contro la Sisley Treviso. 

«Priddy era un guascone – commenta il team manager –. Amava il surf, amava il mare. Mi chiese: “Perché non montiamo un campo da beach?”. Appena finiva allenamento di pallavolo, scendeva in spiaggia e continuava a giocare».


Matt Anderson, la malinconia e la chitarra

Il sogno di tutte le pallavoliste, il fidanzato che ogni madre vorrebbe per le proprie figlie, lo schiacciatore che nessuno vorrebbe sfidare.

Anche Matt Anderson, opposto degli USA (bronzo alle Olimpiadi di Rio), è sbarcato per la primissima volta in Italia per indossare la maglia della Tonno Callipo Calabria Vibo Valentia. Il suo impatto fu subito ottimo. Matt evidenziò quell’universalità di bagaglio tecnico che da sempre contraddistingue la scuola pallavolistica americana. Concluse l’annata col 30% in ricezione, il 50% in attacco.

Poi, dopo un altrettanto valida stagione a Modena, è entrato a far parte di in una corazzata che ha dominato per anni la pallavolo mondiale: lo Zenit Kazan, vincitore di 4 Champions League consecutive.

«Io lo chiamavo Superman già allora; la somiglianza era incredibile – scherza Defina -. Era però un ragazzo sulle sue, molto studioso, usciva poco di casa. Arrivava da un periodo particolarmente complesso: l’anno precedente, mentre era dall’altra parte del mondo, era venuto a mancargli il papà. Probabilmente stava ancora provando a elaborare il lutto. Ma, quando era con la squadra, si animava, diventava il centro dell’attenzione: ricordo che si portava in trasferta la chitarra e la suonava in pullman».

Oggi Matt è diventato uomo, ha una moglie e un figlio piccolo, e sta per tornare in Italia: indosserà la maglia della Sir Safety Conad Perugia.


A questo punto viene da chiedersi chi, dei ragazzi che hanno giocato quest’anno nella Tonno Callipo Calabria Vibo Valentia (concludendo una splendida regular season al quinto posto), possa assurgere a icona della pallavolo mondiale.

Forse il centrale francese Barthélémy Chinenyeze? O forse la banda americana Torey De Falco?

Non lo sappiamo ancora. E non vediamo l’ora di scoprirlo!