«La Serbia e la mia idea di pallavolo». Santarelli racconta la sua sfida
La Serbia femminile campione del mondo in carica e Daniele Santarelli, coach dell’inarrestabile Imoco Volley Conegliano: un binomio da brividi.
Da questa estate, coach Mazzanti dovrà tenere ancor più d’occhio l’avversaria di mille sfide. Con l’innesto del nuovo allenatore e dopo la sconfitta subita davanti al proprio pubblico nell’ultima finale degli Europei, sicuramente la Serbia avrà voglia di rivalsa.
Abbiamo fatto quattro chiacchiere con coach Santarelli per farci raccontare, dal suo punto di vista, questa stimolante sfida.
All’Imoco hai la fortuna di allenare alcune delle giocatrici più forti al mondo e lo stesso succederà con la Nazionale serba. Secondo te ci sono somiglianze fra i due gruppi squadra?
All’Imoco alleno davvero le giocatrici più forti al mondo, molte delle quali sono italiane. Sono qui da tanti anni e mi sento a casa, a mio agio, è un privilegio allenare Conegliano.
Per me il fatto di andare ad allenare una Nazionale così importante è però un sogno che si realizza. Sarà una sfida meravigliosa, molto diversa da quelle passate. Allenare la Croazia mi faceva stare benissimo, avevo un rapporto fantastico, ma non mi ha permesso di vivere quello che io sognavo, cioè la possibilità di giocare un Mondiale o un’Olimpiade.
La Serbia è una squadra che mi ha affascinato per la qualità di alcuni giocatori, per il fatto che negli ultimi anni ha monopolizzato le competizioni, finendo sempre tra le migliori, si è sempre giocata una medaglia. Non potevo farmi sfuggire questa occasione.
Sarà complicato e sfidante venire dopo Terzić, che per loro è stato come un guru, l’allenatore che in vent’anni è stato l’unico a vincere tutto. Ci sono tutti i presupposti per fallire (ride), ma sono molto contento perché questo è quello che volevo: vivo di stress e di tensione.
Puoi darci qualche anticipazione a livello tecnico?
La mia idea di pallavolo è una, ma si adatta in base ai giocatori che alleno; però non mi metterò nemmeno a stravolgere quello che penso. A Bošković, ad esempio, non chiederò mai di giocare una super velocissima; ma se ci penso anche Paola il primo anno non giocava una palla così veloce come la sta giocando adesso, quindi ha cambiato la sua traiettoria. Credo proverò a farlo anche con l’opposta serba; sono curioso di vedere cosa ne verrà fuori. Ma sarò anche il primo a fare un passo indietro se mi renderò conto che qualcosa non va bene, così come in altre situazioni.
Come si può ulteriormente migliorare una squadra come la Serbia?
Non credo che tatticamente o tecnicamente ci sia tantissimo da modificare; è ovvio che però dovremmo giocare diversamente. La Mihajlović vista in queste due ultime stagioni è un po’ diversa da quella che è stata l’attaccante fondamentale, con Bošković, di quella squadra. Ci sono poi giocatrici come Ognjenović che hanno una certa età ma che comunque sono tutt’ora fortissime. Ci saranno altre ragazze che spero torneranno in gruppo, fra cui qualche centrale.
Però forse non è l’aspetto tecnico e tattico che stravolgerò, quanto la mentalità. La loro è molto forte e dura, tipica dei serbi. Terzić era il re, mentre io credo di essere molto diverso da lui. Spero che questo mio modo di essere possa avere un impatto positivo e che anche loro si possano adattare a questo mio modo di vivere un po’ tutte le situazioni senza essere “rigido”. Forse questo matrimonio fra una mentalità cruda e forte come quella serba, ma sempre vincente, e una mia che vivo d’emozioni, esuberante che ha funzionato abbastanza a Conegliano, potrà essere l’arma in più.
Come vivi il fatto che andrai ad allenare la Nazionale che forse più delle altre in questi anni ha dato del filo da torcere all’Italia? Cosa ti ha detto Monica?
Monica mi ha detto di andare immediatamente perché era l’occasione della vita per me, quella che cercavo da tanto tempo. Quelli passati sono stati quattro mesi un po’ frenetici, in cui sono stato un oggetto di mercato, e questa cosa non mi ha lasciato molta serenità. Quando poi è arrivata l’occasione lei mi ha detto: “È capitato quello che volevi, prendila subito al volo”.
Quando ho accettato, poi mi ha confidato che forse non sarebbe stata poi così contenta (ride). Per quanto mi riguarda sarebbe bella la sfida contro l’Italia: sogno una possibile finale, che vorrebbe dire medaglia per entrambe le formazioni. L’Italia sarà sempre la mia Nazionale, il paese in cui sono cresciuto, ed è ovvio che per me avrebbe un sapore particolare; però questo è il nostro lavoro, il nostro sport. Quello che vogliamo è fare del nostro meglio con la squadra che ci è affidata e vincere, a prescindere da qualsiasi club o colore rappresentiamo.