Marzo 3, 2022

«È stato più difficile discutere la tesi che giocare la finale contro la Serbia»

Alice Chiarot

Se nulla ci appare più complicato del rimontare una partita in cui si è sotto due set a zero, pensate come dev’essere decidere di conciliare la propria carriera sportiva professionistica con lo studio.

Salvatore Rossini, Anna Danesi, Alessia Gennari, Matteo Piano sono solo alcuni dei nomi di atleti che in questi ultimi anni ci hanno dato testimonianza del “Se vuoi, puoi”. La volontà di continuare a coltivare i propri interessi e tenere aperta una finestra sul futuro, l’incertezza legata all’ambiente e una difficile solidità economica sono solo alcune delle motivazioni che spingono questi atleti ad affiancare le due strade.

Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Cristina Chirichella, fresca di laurea in Scienze Motorie e dello Sport con 110 e Lode alla Cattolica di Milano, per capire come mai sempre più atleti del nostro campionato facciano questa scelta.

Come te la cavavi a scuola da piccola e quale lavoro sognavi di fare?

Da piccola non ho mai amato moltissimo studiare, ma mi sono sempre impegnata perché volevo portare grandi risultati e volevo che i miei genitori potessero essere orgogliosi e fieri di me. Non mi ricordo che lavoro sognassi di fare, ma probabilmente era qualcosa che aveva a che fare con lo spazio, come l’astronauta, o sognavo di essere una principessa.

Come te, sono diversi gli atleti che hanno scelto di conciliare studio e pallavolo. Come si matura questa scelta?

Questa maturità sicuramente si acquisisce con gli anni o quando si inizia a capire che la pallavolo dà molto nel presente, ma non può dare qualcosa che ti aiuterà poi nel futuro, visto che non siamo professionisti. Studiare e prendere una laurea può aprire nuove strade o portare ad avere maggiori conoscenze rispetto a non farla.

Come sei riuscita a conciliare università e carriera sportiva sia del club che della Nazionale?

Sono riuscita a conciliare il tutto grazie al progetto della dual career che c’è in Cattolica e alla grande disponibilità dei professori. Questo mi ha permesso di affrontare tutti i tre anni avendo un tutor personale che mi ha seguita passo passo; credo che l’obiettivo di tutti sia quello di acquisire sempre maggiori conoscenze e permettere alla persona di poter vivere l’università nel miglior modo possibile. Ovviamente sono grata anche alla Nazionale, che tra un ritiro, un allenamento e l’altro, mi ha permesso di dare gli esami senza nessun tipo di problema. Infine grazie anche alla mia grande forza di volontà perché è difficile conciliare allenamenti e studio, soprattutto dopo una giornata stressante e piena di impegni.

Hai applicato qualche insegnamento tratto dalla pallavolo allo studio?

Sicuramente la determinazione nell’affrontare e nel raggiungere i miei obiettivi. Quando mi sono iscritta all’università mi ero posta come traguardo quello di terminare gli studi in tre anni e sono riuscita a raggiungerlo con i massimi voti. Questa è una grande soddisfazione personale: la pallavolo mi ha portato a voler alzare sempre di più l’asticella.

È stato più difficile discutere la tesi o giocare la finale europea contro la Serbia?

È stato più difficile discutere la tesi perché in realtà giocare a pallavolo è la mia passione e mi viene naturale. È un’emozione indescrivibile ma sono più “abituata” ad affrontare questo tipo di sensazioni, piuttosto che l’emozione derivante della tesi; ambito dove fino a tre anni fa non mi ci vedevo proprio, visto che ci ho messo sei anni per riprendere gli studi. In qualsiasi ambito mi trovi, che non sia un campo da pallavolo, ho sempre molta più preoccupazione perché voglio far bene, dimostrare tanto a me stessa. Negli anni invece, nella pallavolo, mi sono dimostrata di che pasta sono fatta e che tipo di giocatrice sono; mi risulta più facile perché padroneggio queste capacità.

Cosa ti ha insegnato questo percorso di studi?

Mi ha insegnato molte cose sul mio lavoro e di come lavorare al meglio sul mio corpo per poter migliorare le mie performance; mi ha fatto conoscere bene l’ambiente in cui e su cui devo lavorare che in realtà è il mio corpo. Mi ha dato molte conoscenze che mi possono permettere di evolvere anche sul piano sportivo.

Che lavoro speri di fare una volta terminata la carriera da giocatrice?

Sembrerà banale, ma dopo la laurea le idee, i pensieri e quello che mi piace tanto fare stanno cominciando ad allinearsi. Sicuramente l’idea è quella di continuare gli studi con una magistrale, perché ho due idee ben precise di ciò che mi piacerebbe fare, ma che non svelerò. Per il momento mi basta cercare di trovare la mia strada.