Settembre 13, 2021

Mazzanti e Bertini, i ragazzi di via Damiano Chiesa ora campioni d’Europa

Giacomo Magnani

Via Damiano Chiesa la possiamo trovare in molte città d’Italia, ma solo una è ora al centro dell’Europa pallavolistica. È quella di Marotta, in provincia di Pesaro e Urbino.

Nessuno sa cosa sia successo tra il 1976 e il 1977 in questa piccola località balneare di 14mila abitanti. Fatto sta che nello stesso vicolo, a poche centinaia di metri di distanza, due bambini crescono insieme. Scoprono la pallavolo quasi per caso, fino a ritrovarsi in una palestra di Mondolfo ad alimentare una passione che cresce a dismisura.

Diventano uomini, poi allenatori e infine campioni. Il tutto, sempre uno a fianco all’altro. Questa è la storia di Davide Mazzanti e Matteo Bertini, sul tetto d’Europa con la Nazionale italiana nella notte di Belgrado.

Mazzanti Bertini


Obiettivo: ribaltare Marotta

Missione compiuta: Marotta è stata ribaltata. D’altronde, avevano messo tutti in guardia subito dopo la vittoria ai danni della Serbia. L’immagine più simpatica dei festeggiamenti azzurri è sicuramente quella della Fiat 500 che sfreccia sul lungomare Cristoforo Colombo. E sulla carrozzeria azzurra c’è chi non ha avuto paura a scriverlo: “Marotta campione d’Europa”.

Negli stabilimenti balneari sembra di essere tornati alla sera dell’11 luglio, quando le scene di giubilo erano sì per una Nazionale, ma quella di Roberto Mancini. La colonna sonora è sempre quella, con l’inno di Mameli prima e “Notti magiche” poi che suonano dagli altoparlanti. Ma torniamo all’inizio.


«Bravini, ma nulla di che»

La più classica delle domande: come è avvenuto il primo contatto con la pallavolo? Tutta “colpa” di papà Bertini, come Matteo ha rivelato ad Obiettivo Volley: «Mio papà aveva fatto un campo di green volley. Si giocava tre contro tre, anche con ragazzi più grandi. Io e Davide praticamente abbiamo cominciato così. Poi Roberto Casagrande, il nostro primo allenatore, promuoveva la pallavolo a scuola e quindi abbiamo provato a giocare in palestra. Erano i periodi delle vittorie della Nazionale, quella di Julio Velasco. È sulla scia di quelle vittorie che abbiamo cominciato a giocare».

Mazzanti e Bertini fanno tutte le giovanili insieme, a Marotta, e la testimonianza arriva dai rispettivi profili social che pullulano di scatti d’altri tempi. La squadra è forte, altrimenti non sarebbero mai riusciti a salire dalla Terza Divisione fino alla Serie C in soli cinque anni. Eppure, per entrambi c’è altro ad attenderli. I ragazzi sono bravini, ma poche velleità di puntare alla Serie A. In alto, però, ci sono arrivati lo stesso. In un’altra veste.


Galeotto fu…

«C’era la Nazionale maschile juniores a Marotta, dove sono nato io, che si allenava con Angelo Lorenzetti. Mi è piaciuto un sacco come gestiva la squadra, l’empatia che aveva con i suoi ragazzi»

Per Davide, folgorato dall’incontro con Angelo Lorenzetti, la pallavolo diventa il motivo che lo convince a lasciare la facoltà di ingegneria all’Università: «No, non ho il talento per ingegneria, ma per la pallavolo». Dal campo alla panchina, il passo è breve.

Ma il turning point nella carriera di Mazzanti è nell’incontro fatidico con Lorenzo Micelli. Due volte campione d’Europa e non solo, Micelli porta Davide con sé a Falconara, in B1. La squadra ha bisogno di uno sparring partner, e Davide non ci pensa due volte: chiama Matteo Bertini e lo convince a lasciare la sua scrivania d’ufficio per iniziare una nuova vita.

La coppia dei predestinati si è riunita: «Alla fine, è sempre colpa di Davide – scherza Matteo. Chi mi ha spinto ad allenare è stato proprio lui. Lui già allenava, mentre io avevo appena smesso di giocare e cominciavo a lavorare. Non ero molto contento, quindi Davide mi chiese “perché non inizi ad allenare?”. Mi porto con sé a Falconara, a fare lo sparring partner. Da lì è cominciata l’avventura Mazzanti-Micelli-Bertini».


Bergamo: culla di sogni, successi e…

Il triumvirato vive il momento più importante della sua storia con la maglia di una squadra iconica, quella della Foppapedretti Bergamo. Nel 2007 Micelli viene annunciato come allenatore e con sé arrivano anche i suoi fidi assistenti: Davide Mazzanti e Matteo Bertini. Insieme, al Palazzetto dello Sport teatro di successi, lavorano due stagioni vincendo una Coppa Italia e una Champions League.

Davide saluta nel 2009 per cominciare a camminare con le proprie gambe, e così farà anche Matteo la stagione dopo, ma solo dopo aver vinto la sua seconda Champions League da vice-allenatore.

Per entrambi è solo un arrivederci. Mazzanti torna nel 2010 raccogliendo il testimone proprio da Micelli. L’allievo supera il maestro: alla guida di Bergamo, Davide conquista il tanto agognato scudetto nella stagione d’esordio.

Poi, nel 2018, con ambizioni diverse, è Bertini che torna sulla panchina orobica. Ma qui le cose vanno diversamente.

«Tornare è sempre stata una speranza da quando sono andato via da qui – disse Bertini – perché ci ho lasciato una parte del mio cuore e della mia vita. Tante amicizie, tanti rapporti professionali. Un luogo con tanti ricordi per me, soprattutto positivi, legati a bellissimi risultati. Era una speranza che si è avverata».

Il Bertini bis a Bergamo dura solo una stagione, al termine del quale si interrompe il rapporto con una società che Matteo ama e ha amato a dismisura. Troppe difficoltà e incomprensioni. Una stagione che però, nonostante l’enorme delusione, gli è servita per imparare.


La forza del riscatto

Mazzanti e Bertini, i ragazzi di via Damiano Chiesa. I successi non sono mancati per nessuno dei due, così come le cocenti delusioni. Di Matteo abbiamo raccontato: un ritorno complicato a Bergamo dopo una cavalcata trionfale con Pesaro dalla B1 all’A1 che l’aveva consacrato come uno dei tecnici emergenti più interessanti.

Ma anche Davide ha misurato la propria capacità di rialzarsi, ripartendo dopo un clamoroso esonero a Piacenza per vincere due scudetti, prima a Casalmaggiore e poi a Conegliano.

I saggi dicono che non si perde mai. O si vince, o si impara dalle sconfitte. E per certi versi è ciò che entrambi hanno fatto: reagito alle delusioni per crescere e ricominciare.

Impossibile non trovare analogie con l’estate più pazza della Nazionale italiana (o forse, meglio dire “dello sport italiano”). Le azzurre di Sylla&Co hanno sopportato di tutto. Critiche e insulti dopo un’Olimpiade deludente da cui tutti, giocatrici comprese, si aspettavano un epilogo diverso. Ma ecco che nel momento di difficoltà l’istinto di sopravvivenza riaffiora. Senza le infortunate Caterina Bosetti e Sarah Fahr, l’Italia piazza la reazione che cambia l’estate.

Ora sul tetto d’Europa ci sono 14 giocatrici, più uno staff guidato in particolare da due ragazzi. Cresciuti insieme nella stessa via. Mazzanti e Bertini. Davide e Matteo, come vengono semplicemente chiamati a Marotta dove le famiglie e i vicini di casa li hanno visti crescere. Dove entrambi sono voluti immediatamente tornare dopo la vittoria dell’Europeo a Belgrado: troppo forte il richiamo di casa, dove hanno cominciato a sognare e poi spiccato il volo verso nuovi trionfi.

Il cerchio si è chiuso.