Giugno 16, 2021

Vita da scoutman: «Poche ore di sonno, ma che soddisfazioni!»

Alice Chiarot

Il volley è uno sport di squadra che funziona come una macchina dove ogni meccanismo ha la sua parte e la sua funzione e dev’essere ben oliata, per poter funzionare al meglio. C’è chi scende in campo, c’è chi siede – ma più spesso si agita – in panchina e c’è chi siede sul lato corto del terreno di gioco, dietro ad un pc, a raccogliere dati e informazioni utili per la squadra: lo scoutman.

Tutti questi professionisti, sebbene molto diversi fra loro, lavorano per il raggiungimento di un solo ed unico obiettivo, la vittoria. Spesso è volentieri alcuni di questi ruoli sono più conosciuti di altri, ma questo non vuol dire che il loro lavoro sia meno importante o meno utile all’interno di questa macchina che per funzionare ha bisogno di ognuno di loro. Andiamo quindi a capire chi è lo scoutman e che cosa fa.

I dati e le statistiche sono il suo pane quotidiano

Dotato di una strumentazione altamente tecnologica, lo scoutman è colui che analizza la singola azione in ogni sua parte per valutare le prestazioni dei giocatori e migliorare la strategia con cui la squadra sta affrontando la partita, fornendo all’allenatore informazioni anche su possibili punti deboli degli avversari.

Il suo lavoro si divide in due momenti ben distinti: nel corso della settimana, questa figura si concentra principalmente sullo studio della squadra avversaria. È lui che fornisce i filmati che verranno studiati nelle sedute video con tutta la squadra; è lui che traduce le azioni di gioco e l’efficienza nei fondamentali in percentuali per dare indicazioni utili all’allenatore su come costruire gli allenamenti in avvicinamento al match.

Il giorno della gara poi, il lavoro dello scoutman si concentra principalmente sulla raccolta dati – che avviene tramite specifici software in tempo reale – sulle prestazioni dei giocatori in campo. Sul momento è in grado di comunicare all’allenatore se la strategia di gioco è efficace, in che zona del campo avversario attaccare con più assiduità, su quale fondamentale o attaccante spingere perché si sta rivelando il più efficace. Ogni partita è diversa dalle altre e il suo ruolo è molto importante perché permette di correggere il tiro in corso d’opera.

Il lavoro dello scoutman quindi, è quello che da un lato cerca di prevedere ciò che potrebbe succedere in campo e dall’altra, in modo oggettivo, restituisce informazioni sul rendimento di ogni giocatore della squadra.

Quattro chiacchiere con Alberto Salmaso, scoutman della Kioene Padova e della Nazionale Under 20

In passato sei stato anche tu un giocatore di pallavolo. Cosa ti ha spinto a scegliere questo sport piuttosto che un’altra disciplina?

Ho scelto la pallavolo perché fin da bambino andavo al palazzetto con papà, che scrive per una testata locale, a vedere le partite della serie A di Padova. Ho cominciato a giocare a 8 anni e mi sono subito appassionato. Ora è diventato il fulcro della mia vita.

Come sei diventato scoutman e perché hai scelto proprio questo ruolo all’interno del mondo della pallavolo?

Sono diventato scoutman perché il mio ex allenatore Valerio Baldovin (mi allenó nel settore giovanile a Padova per due anni) venne promosso alla guida della prima squadra e alla fine della sua prima stagione in serie A, culminata con la promozione in Superlega, mi chiese se avessi avuto interesse, intravedendo in me grande passione per la pallavolo, in generale, e a quanto pare delle competenze. Iniziai a farlo nel 2014-2015, mi piacque fin da subito e decisi di provare fino in fondo questa avventura.

Sono sempre stato appassionato di statistiche perché spesso dopo le gare di serie A da ragazzo guardavo i tabellini per capire più nello specifico l’andamento della partita.

Qual è l’aspetto che più ti piace del tuo lavoro e quale invece la cosa più difficile da gestire?

L’aspetto che preferisco del mio lavoro è sicuramente quello che consiste nello studiare le tattiche delle squadre avversarie per provare ad entrare nella loro testa. Capire come potranno giocare contro la nostra squadra, trovare le motivazioni per le quali fanno certe scelte, riportarle in allenamento e poi vederle attuate in gara, magari riuscendo a vincere, è qualcosa di impagabile. Un’altra cosa che mi piace molto è sicuramente vivere l’ ambiente dell’Alto livello, sotto ogni aspetto.

Tra le cose che meno preferisco ci sono il fatto che abbiamo pochi orari perché oltre all’allenamento in palestra c’è una grande mole di lavoro pre e post seduta. Non avere un “confine netto” con il lavoro può essere un limite. La seconda, collegata alla prima, è che solitamente all’interno dello staff siamo la figura che dorme di meno.

In un lavoro che per lo più si svolge a fondo campo, immerso nella strumentazione che utilizzi per svolgere il tuo lavoro nel modo più efficace possibile,  cosa ti spinge a fare sempre meglio?

In realtà la maggior parte del mio lavoro si svolge durante la settimana nell’ufficio e nella sala video del palasport dove si studia l’avversario, la propria squadra e si cercano sempre nuove soluzioni.

Sicuramente mi spinge a fare sempre meglio il fatto che sono giovane, nonostante lavori nell’ambiente già da qualche anno, e la voglia di imparare sempre qualcosa di nuovo dalle persone con cui lavoro quotidianamente. L’obiettivo è sempre vincere e questa, almeno per me, è certamente la motivazione principale. Credo anche che la curiosità stia alla base di questa tipologia di lavoro.

Il tuo lavoro però non si realizza solo sul campo, il giorno della partita. Come si svolge la tua giornata tipo e quali sono gli aspetti del tuo lavoro che al di fuori si conoscono poco?  

La mia giornata tipo la trascorro al palazzetto. A metà tra la palestra, per gli allenamenti della mattina e del pomeriggio quando ci sono due sedute o solo pomeriggio nel caso di seduta singola, e le altre varie sale, per effettuare studi sia dal punto di vista numerico che a video per la nostra squadra; per rivedere allenamenti, partite e migliorare la performance in vista della squadra che andremo ad incontrare la domenica. Credo che l’interpretazione dei dati e delle situazioni sia la chiave del mio lavoro.

Alla base di tutto ciò, c’è la condivisione di criteri di valutazione di vari parametri e situazioni a video con lo staff tecnico e i giocatori, per parlare il più possibile la stessa lingua quando si affrontano queste tematiche insieme.

Qual è stata nella tua carriera la tua soddisfazione più grande?

Dal punto di vista di vittoria di partite o competizioni, ricordo con molto piacere e onore la vittoria dell’europeo juniores femminile nel 2018 in Albania. È stata una grande estate di avvicinamento alla competizione, una grande manifestazione e c’è stata una grande rimonta in finale dove eravamo sotto 2-0 contro la Russia.

Un’altra vittoria che porto con me è quando con Padova nella stagione 18-19 abbiamo battuto Perugia 3-1 in casa nostra. Avevano appena preso Leon e sconfiggere il giocatore più forte al mondo è stato qualcosa di inaspettato e clamoroso.

Dal punto di vista personale la mia più grande soddisfazione è conquistare il rispetto delle persone con cui lavoro ogni anno, dallo staff ai giocatori alle persone che lavorano in società e in palasport, perché solo così si può crescere e migliorare.

Cosa significa per te essere lo scoutman di una società di Serie A e allo stesso tempo della Nazionale juniores femminile? Sono due esperienze completamente diverse o ci sono delle similarità?

Sono super orgoglioso e fiero di far parte di due realtà così blasonate e sicuramente mi ritengo una persona fortunata. Sono due esperienze dal punto di vista lavorativo e delle tempistiche agli antipodi, perché  da una parte con il club è un lavoro molto cadenzato e periodico, scandito dalla gara settimanale a cui bisogna arrivarci nel miglior modo possibile attraverso il percorso, solitamente di una settimana, con i vari allenamenti e le sedute video.

In Nazionale invece, c’è un periodo medio lungo nel quale si è tutti insieme in collegiale per creare un gruppo di lavoro, oliare i meccanismi, e poi un periodo abbastanza breve – 1/2 settimane di solito – in cui si svolge la competizione. Parlando per il mio ruolo, soprattutto questa seconda parte, è molto intensa perché per seguire e rilevare tutte le partite si sta in palestra davanti al pc dalla mattina alla sera e anche quando si torna in hotel, bisogna aiutare gli allenatori a preparare la gara del giorno dopo. Ci sono così pochissimi momenti liberi per riposare, il lavoro è molto intenso. Quello che nel club si fa in una settimana per la preparazione della gara, in una competizione internazionale deve essere svolto in poche ore perché si gioca ogni giorno.

Foto di copertina del Vero Volley Monza.