Marzo 3, 2020

Dal trapianto alla vittoria del Mondiale. La storia di Gabriele Alzati.

Tommaso Dotta

Sono passati due anni da quel giorno che Gabriele, giovane pallavolista, ha definito “il più importante della sua vita”: il giorno del trapianto di midollo.

«Un giorno che ha segnato un nuovo inizio, una partenza per una nuova vita dove le cose a cui dare importanza sono cambiate».

«Mi sono sentito di far passare questo messaggio dopo due anni e non dopo uno solo – spiega Gabriele – perché volevo veramente vedere fino a che punto potevo tornare quello di prima. Oggi posso finalmente dirlo: ho praticamente ripreso in mano tutto».


IL RITORNO ALLA PALLAVOLO

«Ho iniziato pallavolo a 15 anni nell’Insubria Volley Mornago – racconta Gabriele Alzati -. Un po’ grazie a mia madre, che ha giocato in serie A, e un po’ grazie a Bosetti che era il mio prof di Educazione fisica. Non prestissimo, rispetto a tanti miei compagni. Eppure ho debuttato in serie C appena un anno dopo. Poi è arrivata la malattia, che purtroppo mi ha bruciato l’Under 19, l’ultimo anno di giovanili».

Si trattava di leucemia. Il 2 luglio è avvenuta la diagnosi. Il 17 novembre il trapiantato. Poi sono seguiti 7 mesi di ospedale per combattere il rigetto. Infine un altro anno di day hospital giornaliero.

In tutto ciò, Gabriele non è stato con le mani in mano. «Ho tentato di fare l’università, ma non sono riuscito a frequentare. In ospedale sono però riuscito a fare il corso da arbitro, con le lezioni via Skype che ho poi concluso quando sono uscito: mi ha permesso di tornare in palestra, un luogo di cui non riuscivo a fare a meno».

Gabriele si è anche messo in testa di tornare a giocare. Una missione non facile, considerando che la malattia lo ha costretto a perdere 20 chili di peso e non poca coordinazione motoria.

«Sì, sto sclerando tantissimo – ammette scherzando – perché mi accorgo di non essere del tutto quello di prima». In quali fondamentali lo percepisci di più? «La battuta è più o meno uguale. Il salto è senza dubbio minore, ma non mi pesa così tanto. A preoccuparmi sono soprattutto la velocità di braccio e l’esplosività in rincorsa, ma ci stiamo lavorando». Anche per questo, quando può, va ad allenarsi con la sua serie C.


IL CLUB VOLLEY TRAPIANTATI E DIALIZZATI

Una delle realtà che ha permesso a Gabriele Alzati, e a tanti altri come lui, di ritrovare il suo sport preferito è stato il Club Volley trapiantati e dializzati. «Ho trovato la squadra un po’ per caso, cercando su Instagram – dice -. Purtroppo la scarsa notorietà è il nostro punto debole».

«Lo scopo della nostra squadra – spiega Loris Puleo, uno dei membri storici – è da un lato sensibilizzare sull’importanza della donazione, dall’altro far capire che dopo un trapianto non solo si può tornare a fare sport, ma anche farlo a buon livello».

La squadra è composta da trapiantati di rene, fegato, cuore, polmoni, midollo. È stata allenata da coach Nico Agricola, oggi impegnato con la Tonno Callipo in serie B, ed è sempre alla ricerca di nuovi membri. «Ci piacerebbe entrare in contatto – conclude Loris – con altri pallavolisti desiderosi di tornare in campo dopo aver affrontato la malattia».

La squadra con Sara Anzanello

LA VITTORIA DEL MONDIALE

Tra le esperienze da ricordare per Gabriele c’è sicuramente il Mondiale vinto a Newcastle con la Nazionale Italiana Pallavolo Trapiantati e Dializzati di ANED Onlus: 2 a 0 (25-20, 25-22) in finale contro i campioni uscenti dell’Olanda. Non un punto di arrivo, ma sicuramente una splendida tappa in un percorso difficile, pieno di dolore ma anche di soddisfazioni.


UN RINGRAZIAMENTO SPECIALE

«Il merito di tutte queste esperienze – ha scritto Gabriele Alzati in un suo post a dicembre – è di una persona, una ragazza che con un piccolo gesto, una donazione, mi ha permesso di essere qui. Grazie a lei ho avuto l’occasione di vincere un Mondiale, grazie a lei ho avuto l’occasione di conoscere persone nuove, di continuare a credere nei miei sogni. Purtroppo il mio desiderio di conoscerla non si avvererà mai, ma forse è giusto così. La mia immaginazione non si fermerà e, comunque, rimarrai sempre la persona più importante di tutte».

Nazionale trapiantati dializzati
Gabriele e Michele con la medaglia