Agosto 10, 2021

Storie da Tokyo: Stefano Lavarini eroe dei tre mondi

Giacomo Magnani

Ci ha provato, Stefano Lavarini. Prima con il calcio e qualche palleggio al campetto dell’ASD Cireggio. Poi con il tennis e una racchetta di legno: sognava di diventare Stefan Edberg. Ma la sua Omegna, dove è nato il 17 gennaio di 42 anni fa, gli ha disegnato un percorso diverso. E i segnali, col senno di poi, erano già molto chiari.

Compagno di classe di Eleonora Lo Bianco, vicino di casa di Paola Cardullo, si può diventare uno dei migliori tecnici al mondo senza neanche tentare un bagher, un palleggio o una schiacciata? La risposta è sì, Stefano Lavarini ne è la dimostrazione. “Lava” è nato per insegnare pallavolo.

È ciò che succede ai predestinati. Perché di questo parliamo: un predestinato, Lavarini, che però ha lavorato come un matto per diventare più bravo degli altri. Anche inseguendo esotiche esperienze che in pochi avrebbero avuto il coraggio di intraprendere.

Ora l’ultimo dei suoi capolavori: il quarto posto alle Olimpiadi di Tokyo con la Corea del Sud. Un piccolo miracolo che lo consacra, definitivamente, come l’eroe dei tre mondi. Perché Lava ha vinto tanto e ovunque. In Italia, con la mitica Foppapedretti Bergamo. In Sudamerica, con il Minas di Belo Horizonte. E ora in Asia, con la Nazionale sudcoreana. Per carità, di medaglie non ne sono arrivate, ma per una realtà in cui l’importante è sempre e solo stato partecipare, anche un quarto posto è un trionfo.

Lavarini Corea Olimpiadi


«Cresciuto a pane e volley»

Piemontese del lago d’Orta, cusiano della Valle Strona. Dicevamo: corteggiato da calcio e tennis, circondato da fuoriclasse in fasce come Lo Bianco e Cardullo, com’è avvenuto il primo contatto con la pallavolo?

«Omegna viveva il boom della pallavolo – racconta Lavarini – e non c’era ragazza che non la praticasse. In mancanza di altre realtà sportive, anche noi maschietti abbiamo iniziato a seguire la squadra. Poi un giorno l’allenatore delle giovanili mi ha chiesto se volessi aiutarlo e io accettai».

Il primo dei maestri si chiama Paolo Cerutti: è lui che avvicina Stefano alla pallavolo. Ore e ore nella palestra dell’Omegna Pallavolo a studiare, raccogliendo il più possibile da un altro dei suoi padri putativi, Luciano Pedullà. E nel 1995, ad appena 16 anni, il debutto in panchina. Lavarini scala montagne anno dopo anno. Tra il 2004 e il 2007 a Chieri arrivano due scudetti giovanili. In panchina con lui c’era Daniele Turino, quest’anno a Bergamo da primo allenatore, e in campo una Noemi Signorile in versione schiacciatrice (ed MVP). A Chieri, poi, è assistente in Serie A1 di un altro dei suoi tanti mentori: Giovanni Guidetti.

Lavarini Guidetti

Nel 2003, tra le altre cose, inizia l’avventura con la maglia azzurra della Nazionale nel ruolo di videoman e assistente della Juniores che conquista il titolo di campione d’Europa e il quarto posto ai Mondiali. Le promozioni proseguono, fino a diventare vice e primo allenatore del Club Italia imparando da altri due fenomeni come Marco Mencarelli e Massimo Barbolini.

La chiamata che vale tutto, però, arriva nel 2010 ed è quella del presidente Luciano Bonetti. La Foppapedretti Bergamo, infatti, sceglie Stefano Lavarini come assistente allenatore di Davide Mazzanti. Un sogno che si avvera, quello di Stefano come quello di suo padre Angelo, scomparso nel lontano 2004. Vuole un trofeo da dedicargli, che arriverà nel 2016. Sarà la sesta Coppa Italia nella storia orobica, l’ultimo successo di una delle squadre più vincenti della pallavolo italiana.


La svolta

Tante persone, però, indicano un punto di svolta nella carriera di Lavarini: la partenza per il Brasile del 2017, dopo sei anni di Foppa. C’è uno Stefano prima e dopo l’esperienza in Sudamerica. Ancora ragazzo all’andata, un po’ burbero, chiuso. Internazionale, aperto, uomo al ritorno. Una scelta che prima di tutto denota un aspetto del suo modo di essere: il coraggio.

«A livello professionale – spiega – questa esperienza mi ha dato molto di più di quanto mi aspettassi. È stata importante anche sul piano umano: mi ha permesso di misurarmi con una nuova cultura e un modo diverso di fare sport».

Diventa il primo tecnico italiano ad allenare nel Paese verdeoro, ed è anche il primo a vincere. Per il Minas sarà un biennio importantissimo, con la vittoria di campionato, coppa brasiliana e due campionati sudamericani per club, con tanto di argento al Mondiale per Club solo per “colpa” dal VakifBank del suo mentore, Guidetti.

Quindi il rientro in Italia, a Busto Arsizio prima e a Novara poi. All’AGIL Volley è un ritorno: insieme hanno già collaborato dal 1999 al 2003. Un’eredità pesante da raccogliere, quella di Massimo Barbolini, che però non sembra pesare più di tanto. Al primo anno del nuovo ciclo, Lavarini raggiunge tutti gli obiettivi prefissati, mettendo a dura prova la resistenza di Conegliano in finale scudetto. Il rammarico, forse, è per la prima delle due gare, con la sconfitta al tie-break (23-25, 40-38, 26-24, 23-25, 15-9) al PalaVerde dopo una gara da capogiro, con la grande occasione sprecata in un secondo set dal punteggio vertiginoso. Stefano piange da solo, in un angolino del PalaIgor, dopo il successo delle venete in Gara 2. È vero, Conegliano è stata più forte, ma l’impressione è che davvero l’impresa non fosse così lontana.


Lacrime

È passato qualche mese. Sono ancora lacrime quelle che scendono sul volto di Stefano Lavarini, ma questa volta la delusione non c’entra nulla. Piuttosto è euforia, fierezza. La Corea del Sud si gioca il passaggio della fase a gironi contro le grandi rivali giapponesi. Kim e compagne vincono al tie-break e Lava non ci può credere. Mani sul volto che regalano una delle immagini simbolo del torneo pallavolistico. «Ma il meglio deve ancora venire» come canta Ligabue. E a farne le spese, è proprio uno dei suoi mentori.

«Ti avevo chiesto speranzoso: “Io e te lavoreremo ancora insieme?” – scrisse nel 2018 sui social in una lettera rivolta a Guidetti – e tu mi avevi risposto: “La prossima volta che saremo sul campo insieme, sarà da due lati opposti della rete!”. L’ho sognato tanto. […] Non vedo l’ora”».

La sfida tra Corea e Turchia, tra Lavarini e Guidetti finisce 3 a 2, dopo oltre due ore di battaglia (17-25, 25-17, 28-26, 18-25, 15-13)

Questa volta a esultare è l’enfant prodige di Omegna. Lui e un’altra fuoriclasse, Kim Yeon-koung, hanno trascinato la Corea in una clamorosa semifinale olimpica, e Lava è l’ultimo dei quattro c.t. italiani ad alzare bandiera bianca. Nonostante l’assenza delle gemelle Lee, scomunicate dalla Federazione coreana per atti di bullismo risalenti ai tempi dell’università. E poco importa se poi è arrivato il quarto posto: le sconfitte contro Brasile e Serbia sono nette ma dolci per la portata di ciò che è stato raggiunto.

Dov’è il segreto? «Ci sono ragazze che sanno quanto sia importante stare con i piedi per terra – dice Lavarini –, quindi agiscono e pensano di conseguenza nel modo più modesto per raggiungere quei sogni. Stanno solo pensando alla pallavolo, alle loro motivazioni e alla loro passione. Stiamo costruendo qualcosa in cui ogni membro della squadra è un pezzo del puzzle e mettiamo insieme tutti questi pezzi per creare un’immagine completa». La centrale coreana Yang Hyo-jin lo ha descritto come uno scienziato: «Passa così tanto tempo a guardare e studiare i video degli avversari per prepararsi alle partite».


Subito al lavoro

«E ora, meritate vacanze», direte voi. Invece no: il 18 agosto riparte la stagione di Novara, con altri grandi risultati da raggiungere. Stefano non ha bisogno di riposo, gli basta tornare a casa quando può. Dalla mamma Franca e dal fratello Simone. Per lui non esiste posto migliore al mondo che la sua Valle Strona e il lago d’Orta, dove trovare la pace e ricarica le batterie. Dove tutto è cominciato, compreso il suo amore per la pallavolo.