Ottobre 15, 2020

Sergio Dos Santos: la rivoluzione del Libero

Giulio Zoppello

Compie oggi 45 anni un giocatore unico nel suo genere, in grado di rivoluzionare completamente un ruolo.

Il libero nella pallavolo, è un ruolo completamente diverso da tutti gli altri.

Di certo è quello più “giovane”. Quello che più lasciò perplessi quando fu creato. Ma che ha permesso a una marea di ragazzi e ragazze di entrare in uno sport popolato da giganti anche senza i centimetri che (molto crudelmente) richiede già dai giovanili.

Io per esempio, con i miei 180 cm, presto ho dovuto rassegnarmi fin da ragazzino a non poter più stare al centro. Adoravo stare lì in mezzo, ma dovetti spostarmi altrove.

Ecco perché indossare quella maglia, diversa da ogni altra, è stato così importante per tanti e tante, compresi molti che ho allenato di persona. Poco dotati in altezza, ma che lì dietro, essendo una sorta di “portiere” della pallavolo, hanno trovato spazio, soddisfazioni, sogni.

Di liberi di enorme caratura ve ne son stati tanti e tante. Penso al nostro Damiano Pippi, al mitico Mirko Corsano, a Henno, a Pally Cardullo, a Stacy Sykora, Jenia Grebennikov o Monica De Gennaro.

Ma la realtà è che ancora oggi IL libero, quello per eccellenza, quello che ha cambiato per sempre il ruolo, il più grande di ogni tempo, è ancora lui: è ancora Sérgio Dutra dos Santos.

Serginho, come è stato soprannominato in Brasile. Ma per noi tutti è sempre stato semplicemente Sergio.

Parlare di Sergio vuol dire parlare del difensore estremo di quella Nazionale Brasiliana che dominò il mondo, e dove il suo apporto fu a dir poco fondamentale, inestimabile per un collettivo che ha cambiato questo sport.

Sergio aveva un dinamismo assurdo in campo. Eravamo abituati a liberi molto più “sotto le righe”, disciplinati difensori del parquet; gente che esibiva freddezza, equilibrio. Lui invece in campo pareva sempre sotto l’effetto di qualche droga sintetica di quelle cattive.

Mai pulito, fu un profeta del “tiella alta e fine”, cioè dell’efficacia anteposta allo stile; per quanto tecnicamente non è che avesse chissà che magagne. Anzi. Ma lui difendeva di spalla, di piede, di testa, di culo, pareva una sorta di Garella in salsa di pallavolo. E aveva ragione ad essere così.

La pallavolo di inizio millennio era infatti diventata (anche in virtù del cambio di sistema di punteggio) molto più fisica, più veloce, più potente. Lui poi si allenava con una squadra che viaggiava mille all’ora. O ti adattavi o saluti e baci.

La sua ricezione era veramente di un’affidabilità adamantina, della difesa ho già scritto, ma ciò che cambiò tutto fu vederlo palleggiare. Oggi il libero è ormai considerato il secondo palleggiatore in campo, ma solo perché lui ha mostrato che era possibile; creando così un precedente di responsabilità molto più ampio per il libero, mettendolo molto di più al centro del gioco.

Certo, c’era chi già chi lo faceva, ma nessuno in modo così sistematico e così ardito. Non solo palle alte, ma super e tese, con una faccia tosta e una confidenza meravigliose.

Il suo palleggio dalla seconda linea, e ancora più quello in salto dalla seconda dentro la prima (quando la difesa non era ottimale) fece storia, stabilì un precedente, pose le basi per un rinnovamento della tattica di squadra.

Sergio ha cambiato tutto. E lo ha fatto in modo naturale perché, a inizio carriera, era proprio palleggiatore.

Ma ciò che conquistò di lui fu l’agonismo, la passione, quanto ci tenesse, il fatto che non mollasse mai e poi mai.

Di quel Brasile si è a lungo parlato come della generazione dei Fenomeni del Sud-America. Giba e Ricardinho diventarono gli uomini copertina, e poi Dante Amaral, Nascimento, Nalbert, Giovane, Murilo, Anderson, Heller, Rodrigao… ma i veri fenomeni secondo me sono sempre stati quel centralone biondo accasatosi a Treviso chiamato Gustavo e lui.
Loro due erano una spanna sopra gli altri.

Sergio ha amato il verde-oro come nessun altro, per lui la Nazionale era tutto: era un sogno e un onore, era l’impegno supremo.
Visse ogni vittoria e sconfitta con passione assoluta. Da noi stette per quattro anni, alla fu Copra Piacenza; vinse poco, come purtroppo molti altri brasiliani lontano da casa.

Ma si rifece in Nazionale. Lì il palmares di questo diavolo della Tasmania della pallavolo, è qualcosa di assolutamente incredibile, accumulato in qualcosa come 23 anni (si 23 anni esatto) di carriera, di cui 19 in Nazionale.
2 ori e 2 argenti olimpici (ahimé, sempre eliminando gli Azzurri), 2 ori mondiali, 7 ori Sudamericani, 7 World League più 3 argenti, 2 ori e 1 bronzo in Coppa del Mondo.

Ha avuto qualcosa come 40 premi individuali nelle varie manifestazioni. Miglior Libero, Miglior Ricevitore, Miglior difesa…e per quattro volte fu MVP della manifestazione. Nel 2016 lo fu addirittura per l’Olimpiade vinta in casa.

Ora che si è ritirato da pochi mesi, non vi è altro da dire se non che dobbiamo essergli grati per tutto ciò che ci ha dato, pur da avversari spesso sconfitti. Per il fuoriclasse che è stato, per come ha saputo farci capire che una difesa, una ricezione, possono essere tanto spettacolari, importanti e belle quanto la più potente delle schiacciate o il più insidioso dei servizi.

Sono 45 oggi. Tanti Auguri Sergio. Il Libero.