Daniele Lupo si racconta. Genuinità, passione e divertimento sulla sabbia
Non è sempre facile mettersi in discussione, lasciare un percorso che ci ha accompagnato per molto tempo per intraprenderne un nuovo. Ed è ancora più difficile se il sentiero percorso è stato costellato di grandi imprese che hanno fatto battere mani e cuori in tutto il mondo. Ci vuole coraggio, tanta passione e grinta.
E lo sa bene Daniele Lupo, romano classe 1991, persona genuina e alla mano, che dopo 10 anni di una splendida carriera disputata con Paolo Nicolai, ha cominciato una nuova avventura accanto ad un altro volto noto del panorama del beach italiano, Alex Ranghieri. Le idee sono ben chiare sul prossimo futuro: lavorare sodo per raggiungere gli obiettivi.
Abbiamo fatto quattro chiacchiere con lui per saperne di più sul nuovo percorso in vista dei prossimi tornei internazionali, nonché delle prossime Olimpiadi di Parigi 2024.
Partiamo con un vero e proprio classico. Cos’è per te il beach volley?
Il beach per me è la vita, la mia passione, il mio lavoro. Sono stato fortunato perché la mia famiglia durante l’estate trascorreva le vacanze a Fregene e tutti gli amici di mio nonno hanno iniziato a giocare a beach volley. Fin da piccolo mi sono appassionato vedendo loro.
Sono sempre stato uno sportivo: a 8/10 anni d’inverno giocavo a calcio mentre durante l’estate facevo un po’ di surf e giocavo a beach volley. Crescendo mi sono reso conto che era diventata una passione e ho provato allora ad allenarmi seriamente. Ho avuto la fortuna di conoscere i grandi campioni e ammirarli dal vivo. Anche mio fratello, assieme a mio papà e mio nonno, mi ha trasmesso la passione. È come se il destino mi avesse voluto far giocare a beach volley: cerco sempre di dare il 100% perché bisogna ringraziare la vita quando ti da questa opportunità.
Qual è stata la tua vittoria più bella? Cosa ricordi di quel momento?
Ovviamente è stata la medaglia d’argento di Rio 2016. Ma devo dire che la soddisfazione più grande, e credo sia così per tutti gli atleti, non sia tanto vincere una medaglia, quanto il vederti migliorare nell’arco del tempo. Continuare a migliore secondo me è una delle più grosse vittorie che mi porto dentro.
Le Olimpiadi di Tokyo 2020 sono state decisamente inconsuete. Come è stato giocarle e farlo soprattutto senza pubblico, che solitamente nelle arene del beach scatena tutto il proprio entusiasmo?
È stata particolare, però sempre un’Olimpiade dove rappresenti l’Italia e tutto il mondo è focalizzato per quell’evento. Rispetto a Rio ovviamente mancavano molte cose, però tutto l’affetto del tifo italiano si è fatto sentire sui social; ovviamente non è stata la stessa cosa perché il pubblico è una parte integrante del beach volley.
Secondo me è uno degli sport esistenti più belli in assoluto: penso che quasi tutti giochino d’estate a beach volley, è lo sport di tutti, semplice e facile da capire, e milioni di appassionati in tutto il mondo lo dimostrano.
10 anni di carriera ti hanno legato a Paolo Nicolai, tuo compagno di squadra e amico. Siete stati la coppia più vincente e dei record del beach volley italiano. Quale pensi sia stata la vostra forza e come vivi questa “responsabilità”?
Con Paolo abbiamo avuto sempre una grandissima intesa in campo, siamo sempre stati due ragazzi che si sono rispettati reciprocamente – anche perché abbiamo due caratteri molto differenti – e anche questa è stata una nostra forza. Ovviamente ci sono stati periodi belli e brutti, com’è la vita. Tante vittorie e abbiamo anche perso parecchie volte e sia dalle prime che dalle seconde, siamo sempre cresciuti, abbiamo imparato tanto e questo; in questi 10 anni, ci ha aiutato a crescere non solo come atleti, ma anche come persone. Ovviamente dispiace a tutti quando finisce una bella storia, però prima o poi era evidente che Lupo-Nicolai dovesse finire. Secondo me è stato un bel finale perché ci siamo lasciati come una coppia vincente e rispettata da tutti.
Per quanto mi riguarda, quando entro in campo sento sempre una responsabilità perché rappresento l’Italia; è fondamentale perché noi giocatori siamo ambassador del nostro sport e rappresentiamo una nazione. Le vittorie è come se fossero dei premi per come ti alleni, la responsabilità è più lo scendere in campo perché devi sempre aver rispetto.
Sei reduce dall’ultima tappa del FIVB World Tour 2021 di Itapema in Brasile, dove assieme al tuo nuovo compagno Alex Ranghieri avete conquistato, alla prima uscita, il quarto posto. Che sensazioni hai avuto?
È una bella sfida e a me piacciono le sfide: nuove energie, nuove sensazioni, sarà sicuramente una bellissima storia anche questa. È cominciata nel miglior modo possibile perché comunque una bella semifinale dopo tre settimane di allenamento è veramente qualcosa di straordinario. Siamo contenti del lavoro che stiamo facendo e di tutte le persone che ci sono affianco perché ci stanno insegnando molte cose che prima non sapevamo. In Alex ho trovato un gran compagno, sicuramente faremo bene, c’è tantissima strada da fare, tantissimi allenamenti, tantissime vittorie e sconfitte da sopportare.
Come vi siete scelti e quali sono i passi che vi porteranno a Parigi 2024?
Mia mamma ha trovato una foto del 2010/2011, di quando Smart era lo sponsor. A me e Alex fecero alcune foto perché all’epoca dovevamo giocare assieme. Alex poi si fece male alla spalla e si operò, e il Mondiale del 2011 lo giocai invece con Andrea Tomatis. Le nostre strade sono sempre state molto vicine e con la voglia di cambiare tra me e Paolo, ho pensato che fosse giunto il momento di affiancarmi ad Alex: l’ho sempre rispettato come giocatore e credo sia uno dei più forti che ci sono nel panorama del beach volley mondiale. Ho molta fiducia in lui.
Sono molto ambizioso, mi piacerebbe combattere e allenarmi per una medaglia, non solo per la qualifica, e questo è il nostro obiettivo. Ovviamente ci sarà tantissimo da faticare: cominceremo da uno step inferiore rispetto alle prime 16 coppie al mondo perché quest’anno hanno cambiato il regolamento, e noi inizieremo dai challenger. Però secondo me è giusto così perché bisogna conquistarsi le cose.
Guardando alla tua carriera fino a qui, Daniele Lupo di oggi che cosa si sentirebbe di dire al Daniele Lupo bambino che forse non si sarebbe mai immaginato di arrivare fin qui?
Sicuramente non cambierei nulla, anche perché la mia filosofia di vita è sempre stata basata sul divertimento. Quindi se dovessi tornare indietro e dovessi rincontrare il Daniele di quando aveva 8/10 anni, direi sempre la stessa cosa: “Dani divertiti e vai alla grande!”.
Vincere la medaglia olimpica neanche lo sognavo, perché era troppo. Il mio sogno era giocare il World Tour e giocare con i più forti al mondo. Quando sei bambino neanche lo immagini; mi piacevano le cose semplici, sono sempre stato molto testardo quindi anche se mi dicevano: “Dani guarda che non hai il fisico, non arriverai mai”. Io credevo in me stesso e alla fine ho fatto quello che ho fatto sempre con il sorriso sulle labbra, sempre positivo. Non mi piace mai parlare male di nessuno, e credo che questo sia anche il mio segreto.