Dall’inferno all’Olimpiade: la rinascita di Caterina Bosetti
Più o meno è ciò che viene da pensare quando Caterina Bosetti si tira su le ginocchiere e scende in campo dispensando lezioni di pallavolo. A maggior ragione dopo l’ultima stagione a Novara, in cui ancor di più ha confermato e consolidato i progressi delle ultime annate.
Ora la sua seconda vita in maglia azzurra, con le Olimpiadi di Tokyo alle porte. È il punto d’arrivo di un percorso fatto di ripide salite, cominciato il 10 marzo 2018 dopo il grave infortunio al ginocchio (che su PdV avevamo scelto di non mostrare) che aveva spezzato i suoi sogni di gloria.
Caterina Bosetti ora è tornata, più forte e sicura che mai.
La mela non cade mai lontana dall’albero
Caterina è figlia di Franca Bardelli e Giuseppe Bosetti. Sorella minore di Lucia e maggiore di Chiara, con un fratello di nome Andrea, copia carbone di Giuseppe, almeno nell’aspetto.
È divertente riflettere sugli argomenti di una immaginaria cena in casa Bosetti: pane, e poi tonnellate di pallavolo. E invece no: si parla di api.
Api? proprio così, api. Perché è il fratello che prende in mano la scena: Andrea, totalmente estraneo al mondo del volley, che sì e no avrà visto un paio di partite di Caterina, fa l’apicoltore. Ha aperto la sua azienda ad Albizzate, la Cascina Bertolina, ed è molto legato alla natura. È così preso che anche il gruppo famiglia di WhatsApp ha nel nome l’emoticon di un’ape.
Chiara, la più piccola delle tre sorelle, gioca a pallavolo. E non deve essere facile reggere la pressione di un cognome così importante per il volley italiano. I suoi progetti di vita sono altri: da poco laureata all’American University di Washington, la pallavolo è stata un trampolino che le ha permesso di vivere cinque anni negli Stati Uniti, con la volontà di costruirsi un futuro lontano dai campi. Chi invece ancora non può fare a meno del richiamo della palestra è Lucia. La primogenita si è riavvicinata a casa, in quella provincia di Varese dove è nata e cresciuta: dalla prossima stagione, infatti, vestirà la maglia di Busto Arsizio.
E che dire, poi, di mamma e papà. Franca Bardelli e Giuseppe Bosetti. La prima, ex-giocatrice e 93 presenze in azzurro. Il secondo, insegnante di educazione fisica (per tutti, infatti, è rimasto il prof. Bosetti) con un passato da c.t. dell’Italvolley, uno dei più importanti coltivatori di talenti assieme a sua moglie. Hanno reso grande l’Amatori Atletica Orago, forgiando giocatrici che tutt’oggi riempiono la Nazionale di Davide Mazzanti. Due personaggi così importanti, Bardelli e Bosetti, che Giovanni Guidetti non ha potuto che trascinarli con sé sull’aereo per Istanbul e affidargli le chiavi del settore giovanile del VakifBank. Anche qui, come Orago, vincendo a ripetizione.
«Vado in Brasile!»
Nella famiglia Bosetti, poi, c’è Caterina. Sono anni che si parla di lei, come se fosse una giocatrice navigata, una sorta di highlander. Sembra che abbia 40 anni, invece ne ha solo 27. Può succedere: d’altronde parliamo di una giocatrice che ha debuttato in Serie A1 quindicenne, in un Villa Cortese-Novara. E ancora prima è cominciata la sua esperienza in prima squadra, quando agli allenamenti al PalaBorsani di Castellanza ci andava con la cartella della scuola sulle spalle, uno zaino praticamente più grosso di lei.
Con le Nazionali giovanili, poi, si consacra a livello continentale come il talento più importante. Nel 2010 arriva la vittoria all’Europeo U19 con tanto di premio MVP. Lo stesso riconoscimento lo ottiene anche l’estate successiva, in una vetrina ancora più importante come il Mondiale U20 vinto nuovamente dall’Italia. Il tutto giocando e affrontando atlete più grandi di lei.
Caterina germoglia e dà l’idea di non accontentarsi mai, alla ricerca costante di nuove esperienze e occasioni di crescita. È così che in una giornata estiva del 2014, dopo ore di ripensamenti, seduta su una panchina in centro a Legnano, arriva la decisione che sorprende tutti: «Vado in Brasile!». La sua prima esperienza all’estero, all’Osasco, è vissuta con straordinarie giocatrici come Sheilla, Adenizia, Thaisa e Camila Brait. La seconda, invece, è nel paese che ora ha accolto i suoi genitori: la Turchia. La presenza di Massimo Barbolini la convince a seguirlo al Galatasaray, una grande occasione di maturazione pallavolistica e personale.
La sua crescita prosegue finché, tornata in Italia, qualcosa sembra incepparsi. Caterina tira il freno a mano. Una poco fortunata esperienza a Novara, nel 2015, la convince a spostarsi a Modena per un biennio. Ma è quello che succede il 10 marzo 2018 che sembra cancellare tutto quello che c’è stato prima.
Da Cremona a Cremona
Al PalaRadi di Cremona si gioca l’ultima partita di regular season prima dei play-off: Casalmaggiore-Modena. Il ginocchio sinistro di Caterina cede su un atterraggio post-attacco, e l’unica cosa che ci si ricorda sono le urla strazianti che entrano nelle cuffie dei telecronisti.
«Sono ricoverata a Villa Stuart, dove subirò l’intervento al ginocchio sinistro che ho praticamente distrutto, tutto quello che potevo rompere l’ho rotto! – ha poi scritto sui social -. Inizierà forse il percorso più difficile che la vita mi ha messo davanti finora, ma sono sicura che ne uscirò più forte come persona e come giocatrice».
Con Lorenzo Dallari, poi, ha ripercorso i momenti immediatamente successivi. Il recupero, le difficoltà, la paura di non farcela: «All’inizio non vedevo la luce. Mi hanno detto che forse non sarei neanche tornata a giocare: la mia vita gira intorno alla pallavolo e in quella situazione non sapevo dove sbattere la testa. Dopo l’intervento ci sono state mille complicazioni. Ho avuto sette trombi nel polpaccio, era tutto un pensiero negativo. Il primo giorno che ho tolto una stampella, camminando nel cortile di Villa Stuart, ho preso un chiodo sotto il piede. “Tutte a me”, dicevo. La svolta l’ha data mia sorella Lucia: quel giorno ero in lacrime e mi disse “basta, devi pensare in positivo”. Lì si è sbloccato qualcosa. Pian piano ne sono uscita. Non da sola, perché in quei momenti devi farti aiutare».
Ma è dal periodo più brutto e complicato della sua vita che poi è tornata a splendere la stella di Caterina Bosetti, araba fenice che risorge dalle proprie ceneri. Casalmaggiore, la squadra contro cui tutto si è fermato, la coccola fin dal primo istante dopo il crac del ginocchio. Monitora l’intervento del prof. Mariani e la corteggia con insistenza. Ed è proprio al PalaRadi di Cremona che Caterina torna in campo con la maglia della VBC. Tutto riparte da dove si era fermato. Corsi e ricorsi storici.
Il posto felice di Caterina Bosetti
Ora, grazie all’atmosfera che si è creata all’Igor Volley, è un bel periodo della sua vita e della sua carriera. La prima volta arrivata a Novara non era il momento giusto per incontrarsi, ha ammesso lei stessa: «Si cresce, si matura, si fanno nuove esperienze che poi servono per diventare ciò che si è nel presente».
Da due anni è ormai stabilmente tra le migliori realizzatrici del campionato nel suo ruolo (268 punti nella stagione interrotta dal Covid, 388 in quest’ultima regular season). E, per quanto riguarda le percentuali di ricezione, come lei riescono solo le statunitensi Kimberly Hill e Megan Courtney. Insomma, una giocatrice completa. Ecco qualche dato:
- 268 punti nella stagione interrotta dal Covid (terza tra le schiacciatrici, prima tra le italiane)
- 388 punti nell’ultima regular season (secondo posto, prima tra le italiane) con il 42% in attacco
- 47% in ricezione nelle ultime due stagioni
- 19 punti in gara 1 delle ultime finali scudetto. 12 in gara 2
La notte di mercoledì 10 marzo, dopo la vittoria contro Firenze che apre le porte della Final Four di Coppa Italia a Novara, Caterina scoppia in un pianto liberatorio. L’emozione, la soddisfazione, la fiducia nei confronti di un gruppo che l’appassiona e a cui ha deciso di stringersi ancora più forte. Qualche ora più tardi, infatti, diventa ufficiale il rinnovo di contratto fino al 2023. Caterina lo ha capito: sa di aver trovato il suo posto felice.
Una ragazza sempre sincera, quasi senza filtri. Spontanea, anche e soprattutto davanti alla telecamera. La rabbia dopo la sconfitta in Coppa Italia, le lacrime dopo il sogno scudetto sfumato contro Conegliano. Caterina Bosetti è così, genuina.
La magia dell’Olimpiade l’ha già vissuta, a Londra nel 2012. Ma non come avrebbe voluto: ancora non era abbastanza matura per sapere come affrontarla al meglio. Un rapporto con la Nazionale che non sempre le ha regalato soddisfazioni, che lei stessa ha paragonato a una relazione complicata. Ora, però, la nuova Caterina Bosetti è pronta a riprovarci, con un pieno di esperienza sulle spalle, con una maturità e una convinzione diversa. Dall’infortunio all’Olimpiade di Tokyo, dall’inferno al paradiso.