Vita da schiacciatore: «Comprendere ogni situazione per poterla risolvere»
Nel nostro percorso attraverso i ruoli della pallavolo, l’ultimo per apparizione (ma non per importanza) è proprio quello dello schiacciatore.
Lo schiacciatore – detto anche laterale, banda o martello – di tutta la squadra dev’essere il più completo in ogni fondamentale; gli è richiesto di essere in grado di giocare sia in prima che in seconda linea e di conseguenza di essere abile sia nell’attacco che nella ricezione e difesa.
Naturalmente, a parte esempi di giocatori che eccellono in entrambi, spesso ogni schiacciatore è più incline a sviluppare l’uno o l’altro talento; tanto che, all’interno del sestetto che viene schierato in campo, l’allenatore solitamente inserisce un posto 4 più abile in attacco incrociato a uno più solido in ricezione. Di modo che la squadra, nel suo complesso, possa risultare più equilibrata.
Lo schiacciatore: l’intelligenza tattica come tassello fondamentale
Quello della banda è un ruolo faticoso sia dal punto di vista fisico sia dal punto di vista mentale, sollecitato continuamente in ogni zona del campo nel quale si trova. A questo tipo di giocatore viene richiesto di essere sempre attento e reattivo: gli può capitare, nella stessa azione, di compiere il primo tocco sulla battuta avversaria, di finalizzarlo in attacco e poi, magari, anche di murare o difendere il contrattacco avversario.
Similarmente all’opposto, anche alla banda viene richiesto di sfruttare a proprio vantaggio ogni azione e ogni pallone che gli viene servito. Del suo repertorio fanno parte il pallonetto, il mani-out, la schiacciata a tutto braccio e qualsiasi altro tipo di colpo che gli permetterà di finalizzare l’attacco. L’intelligenza tattica si riassume proprio in questo: data una situazione da gestire, allo schiacciatore viene richiesto di trovare la soluzione migliore affinché possa portare il punto alla propria squadra. Ed è per questo che spesso e volentieri lo schiacciatore è anche quel tipo di giocatore che porta spettacolarità alla partita ingegnandosi in ogni modo e in ogni zona del campo.
Nel nostro campionato, negli anni, abbiamo avuto la fortuna di vedere in campo schiacciatori che hanno interpretato il ruolo in modi differenti, personali ed efficaci. Noi ci siamo rivolti a una giovane schiacciatrice, per farci raccontare il suo personale punto di vista: Anastasia Guerra, 24 anni, in serie A1 da cinque stagioni.
Quattro chiacchiere con Anastasia Guerra, schiacciatrice de Il Bisonte Firenze
Come sei arrivata a giocare nel ruolo di schiacciatore?
Quando ho iniziato a giocare a pallavolo in realtà ero un centrale. Una volta che mi sono approcciata alle giovanili con la Bruel Volley Bassano, il mio allenatore che all’epoca era Atanas Malinov mi disse “Anastasia, se vuoi provare a fare qualcosa di importante a livello pallavolistico, secondo me devi cambiare ruolo perché in prospettiva i centrali saranno più alti di te”. Io sono 1.86 circa di statura. E quindi ho accettato questa sfida e ho cambiato ruolo. Poi pian pianino ho proseguito il mio processo e sono diventata a tutti gli effetti un attaccante di posto 4.
Nonostante la tua giovane età, sei stata protagonista del campionato italiano, cinese e francese. Cosa ti hanno insegnato queste esperienze così diverse? In che modo sono servite per il tuo percorso di maturazione come schiacciatore?
Ho avuto la fortuna di fare esperienza in tre campionati distinti e sicuramente tutti e tre hanno arricchito il mio bagaglio pallavolistico. Ma, oltre al fattore tecnico, devo dire che mi hanno formata più sotto l’aspetto caratteriale perché sono state tre esperienze diverse che mi hanno messo a confronto con culture differenti e anche stili diversi di pallavolo.
Senza nulla togliere agli altri ruoli, possiamo dire che il ruolo dello schiacciatore è uno dei ruoli più sfidanti per un giocatore dal momento che si richiede un’abilità in tutti i fondamentali. Secondo te qual è la cosa più complessa di questo ruolo? E che cosa invece ti piace maggiormente di giocare come schiacciatore?
Sicuramente il ruolo dello schiacciatore è uno dei ruoli più completi che ci siano tra i ruoli della pallavolo. Secondo me la cosa più complessa è il fatto di tenere un equilibrio fra tutti fondamentali, nel senso che il fatto di riuscire a non calare in nessuno, ma tenersi bene o male con tutti sullo stesso equilibrio in termini di qualità, è difficile per un giocatore ed è qualcosa che si acquisisce con l’esperienza e gli anni di campo.
Secondo me poi è il ruolo che ci mette un po’ di più a maturare, soprattutto per quello che riguarda la seconda linea, quindi ricezione e difesa, ma credo sia tutta una questione di esperienza che si acquisisce negli anni.
Il fondamentale che invece mi piace maggiormente per quanto riguarda il ruolo di schiacciatore è sicuramente l’attacco perché probabilmente si avvicina molto a quello che è il mio carattere: mi piace risolvere l’azione. Però per essere un giocatore di alto livello, per quanto riguarda il mio ruolo, credo che sia fondamentale trovare un equilibrio tra tutti i fondamentali che ci competono.
Il giocare di strategia è una delle componenti fondamentali del tuo ruolo; riuscire a sfruttare ad ogni attacco il muro a proprio vantaggio, controllare il colpo o attaccare a tutto braccio sono solo alcuni esempi. È qualcosa che viene naturale o che si acquisisce con l’esperienza?
Il saper sfruttare a proprio vantaggio il muro piuttosto che controllare il colpo o attaccare a tutto braccio, sono delle qualità che si acquisiscono sicuramente con l’esperienza. In realtà sono poi caratteristiche che vanno un po’ a disegnarti come giocatore, perché esistono diversi tipi di giocatori: ci sono quelli più tecnici, quelli più potenti, i giocatori completi che appunto magari hanno tutti i colpi nel repertorio.
Per quanto mi riguarda l’esperienza gioca un aspetto fondamentale perché inizialmente capisci e piano piano inizi a distinguere ogni situazione e la conseguente azione che ne deriva; ad esempio quando decidere se gestire più la palla o invece prendersi un rischio, a seconda di tutti i fattori: l’alzata, il muro avversario, il momento di punteggio. Ci sono tantissime variabili da tenere in considerazione e l’esperienza assolutamente ha un ruolo fondamentale.
Come atleta, hai un modello sportivo a cui ti rifai? Perché?
Devo dire che non ho un modello sportivo in particolare al quale mi ispiro. Cerco di trarre il più possibile da diversi giocatori che nella mia testa reputo di altissimo livello e da ognuno cerco di estrapolare una qualità che a me personalmente può tornare utile. Ad esempio di uno è la seconda linea, di un altro magari il fondamentale dell’attacco. Personalmente guardo anche molto a livello di comportamento, di maturità che i giocatori hanno nel gestire determinate situazioni in campo. Cerco veramente di spaziare e devo dire che guardo sia a modelli femminili che a quelli maschili perché credo che lo sport sia uguale per tutti; può essere diverso per certe cose però a volte ad esempio mi piace proprio prendere la cattiveria agonistica e l’aggressività che magari alcuni giocatori a livello maschile mettono in campo.
Sei un bell’esempio di giovane ragazza che impegnandosi e lavorando duramente ha raggiunto un proprio sogno. Che consiglio daresti a chi come te, oggi vuole avvicinarsi al mondo della pallavolo e vivere facendo questo?
Il consiglio che darei a chi come me vuole avvicinarsi al mondo della pallavolo, è innanzitutto quello di armarsi di pazienza, nel senso che è un percorso lungo, che richiede sforzi, sacrifici e quindi non è qualcosa che si ha dall’oggi al domani, e lo dico per esperienza. Sicuramente ci saranno delle difficoltà che magari a volte ci faranno dubitare di noi stessi, però – personalmente – la caparbietà e l’amore che ho per questo sport, mi hanno sempre alleggerito il tutto e sicuramente mi hanno fatto crescere sia di testa sia a livello caratteriale perché la pallavolo è uno sport che ti forma a 360 gradi.
Mi reputo una ragazza fortunata e sono molto grata di questo perché sono cosciente di avere un lavoro che fondamentalmente mi procura soddisfazione e del quale veramente sono innamorata, e nonostante qualche difficoltà che si incontra durante il percorso, che credo sia più che normale perché è la vita stessa che ci mette davanti degli ostacoli ogni tanto, questo mi alleggerisce il tutto. A volte non sento il peso di determinate difficoltà perché a volte gli obiettivi che uno si pone sono molto più grandi e sovrastano sicuramente quei piccoli ostacoli che ogni tanto si possono incontrare lungo la strada.
Il consiglio che do è quello di viversi a pieno le esperienze che la pallavolo può offrire perché sono veramente tantissime, e di divertirsi fondamentalmente perché io credo che quello sia il segreto di tutto; divertirsi essendo spensierati e portare appunto la pazienza necessaria capendo che c’è un giusto tempo per ogni cosa. Spesso noi giovani tendiamo a voler tutto subito, ma mi sono resa conto che questo è proprio un processo di crescita lento ma costante. Io sono la prima a spingere le persone a conoscere questo mondo perché, per quanto mi riguarda, posso solo spendere parole positive per la pallavolo.
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Foto Galbiati / Rubin e Lega Pallavolo Serie A Femminile