Vita da opposto. «Dimostrare di meritarsi quell’alzata»
L’ariete della squadra, per sfondare muri e difese. Il punto di riferimento in attacco, a cui affidare i palloni “sporchi” e quelli decisivi. L’atleta che non deve mai scoraggiarsi, ma spingere sempre il piede sul pedale dell’acceleratore.
Libero, centrale e ora opposto.
Il nostro percorso attraverso i ruoli della pallavolo è nato per dedicare la giusta attenzione alle peculiarità di ogni ruolo in campo. Far raccontare agli atleti del lavoro svolto per arrivare al punto in cui si trovano della loro carriera e cercare di carpirne qualche segreto, che sicuramente può tornare utile ad ogni semplice pallavolista come noi.
Elevazione, potenza, prontezza di riflessi e un filo di sana ignoranza: sono queste alcune delle caratteristiche che fanno dell’opposto uno dei ruoli più incisivi di una squadra. Queste peculiarità lo rendono inoltre, assieme a quello dello schiacciatore, uno dei ruoli più desiderati del volley, e la cosa assolutamente non sorprende. In ogni pallavolista si nasconde quel piccolo ma grande desiderio di essere il protagonista di quello che succede in campo.
Andando a studiare come nasce questa figura così particolare, che in campo non riceve quasi mai e occupa la posizione opposta a quella del palleggiatore, il momento fondamentale per la sua specializzazione si ha con il passaggio alla pallavolo moderna, agli inizi degli anni ’90. Precedentemente lo schema più utilizzato era quello con il doppio palleggiatore, che permetteva di avere in prima linea sempre tre attaccanti.
L’opposto: un ruolo di resistenza e tenuta mentale
Fra tutte le caratteristiche che si possono assimilare a questo ruolo, la resistenza fisica e la tenuta mentale in campo sono quelle fondamentali. Si tratta di un atleta che, durante l’intero match, è servito sia in prima che in seconda linea Che sulla linea dei nove metri batte spesso in salto. Che salta a muro. E, soprattutto, è il giocatore a cui ci si affida nei momenti cruciali del set. Fortificare queste capacità risulta essere fondamentale per raggiungere e affermarsi ad alti livelli.
Negli anni nel nostro campionato sono passati esempi assai illustri a partire da Andrea Sartoretti, a Alessandro Fei, Taismary Aguero, Ivan Zaytsev, Aleksandar Atanasijević e Paola Egonu. Ognuno di questi giocatori, partita dopo partita, ci ha dimostrato come allenamento fisico e mentale, mescolato con una forte intesa creata e allenata con il proprio palleggiatore titolare, siano servite per fare di loro dei giocatori di cui ancora oggi si ricordano le giocate più spettacolari.
Quattro chiacchiere con Vittoria Piani, opposto della Trentino Rosa
La tua avventura all’interno del mondo della pallavolo è cominciata fin da quando eri giovanissima. Cosa ha voluto dire per la tua formazione di atleta aver fatto parte del Club Italia, poi essere approdata in un grande club come quello dell’UYBA e ad oggi essere una delle giocatrici di punta della Trentino Rosa?
Non mi posso lamentare del mio percorso. In tutte le fasi ho avuto la fortuna di lavorare con delle grandi persone e allenatori che mi hanno fatto crescere ed arrivare dove sono nonostante le difficoltà.
Che cosa ti piace del tuo ruolo? Cosa ti piacerebbe migliorare della tua tecnica?
Mi piace attaccare ovviamente, perché il mio ruolo è specializzato in questo, ma mi diverto anche a difendere quando sono in una giornata positiva. Non ho solo una cosa da migliorare, ho molto su cui lavorare sia tecnicamente che di testa.
Secondo la tua esperienza, quali qualità deve avere un buon opposto?
Deve avere coraggio ma soprattutto avere la capacità di aggiustare tutti i palloni.
Cosa significa per te avere la responsabilità di essere la giocatrice a cui il palleggiatore si rivolge nei momenti cruciali delle partite?
Sinceramente guardo poco il punteggio, mi focalizzo su ogni giocata. Non la vivo come pressione, capisco che la mia palleggiatrice si fida di me e di conseguenza devo dimostrarle che mi merito quell’ alzata.
Cosa scatta nella testa di un opposto quando commette un errore in attacco o quando viene murato?
Io sinceramente pretendo molto da me stessa quindi mi insulto all’inizio. Ma poi analizzo l’errore e cerco di non farlo più. Ma sbagliare fa parte della crescita.
L’intesa con il palleggiatore è alla base dei tanti meccanismi che devono esserci affinché una squadra possa funzionare al meglio: come si crea? Nella tua carriera ti è mai capitato di trovarti in difficoltà nel crearla e come hai risolto il problema?
Non mi è mai capitato sinceramente. Ho sempre trovato palleggiatrici che si mettevano a disposizione al 100%; quindi lavorando insieme si trova sempre la soluzione.
In generale il ruolo dell’opposto così come quello dello schiacciatore, sono i due ruoli più gettonati da chi si affaccia a questo sport. Secondo te per quale motivo? Che consigli ti senti di dare ai più giovani che si avvicinano al mondo della pallavolo?
Perché sono probabilmente i ruoli che vengono notati di più anche dai “profani”, passami il termine, di conseguenza tutti provano ad entrare nella pallavolo per quei ruoli. Io sono nata da centrale e non è stata una mia scelta fare l’opposto, quindi non avrei tanto da dire, posso solo dire di scegliere il ruolo in cui ci si diverte di più all’inizio, poi col passare del tempo e con l’alzarsi del livello, capire quali sono le capacità fisiche che si hanno e sfruttarle il meglio possibile, lavorando sempre tanto e con il cuore.
Foto di Lega Pallavolo serie A femminile