34 anni di vita dedicati al Volei. Tanti auguri Bruninho!
Lì a sud del mondo, dove una densa foresta inesplorata circonda la città di Campinas, si può trovare uno storico passaggio che conduce verso miniere d’oro che fanno luccicare gli occhi.
Il luccichio di qualsiasi cosa si sa, ci rende curiosi. Specie se si tratti di un bimbo che cresce con una sfera sotto il braccio, con un filo montato nel quartiere, giocando a “Voleibol” per coltivare il terreno dei sogni, a suon di tonfi sul pavimento.
Qualcuno ai piani alti si accorse di quel ragazzo prodigio dalle mani d’oro, inviò dei gabbiani a osservarlo sulle spiagge di Santa Caterina, i quali rimasero veramente stupiti.
Quel ragazzo prometteva bene e il paese pallavolistico aveva bisogno di lui, perché oltre quello sguardo si nascondeva il sacco dei giusti ingredienti dai quali attingere, per preparare la torta più bella del mondo.
Il Dna di quel ragazzo fu analizzato da analisti specializzati, e notarono degli spazi misteriosi non identificati da nessun biologo. Erano le caratteristiche di un campione pronto a prendersi tutto, senza smettere di sognare, senza perdere di vista il proprio credo.
FIGLIO DELL’ALLENATORE
Un giorno il ragazzo si guardò allo specchio e capì di essere grande abbastanza per spingersi oltre i confini casalinghi, a bordo di una barca costruita appositamente per cavalcare onde alte. Le stesse onde cavalcate da suo padre e sua madre prima di lui.
Sergio col 10, Murilo con l’8… Bruninho con l’1.
Ma il Brasile era giù una superpotenza a livello planetario, capace di vincere due Mondiali consecutivi. Saresti stato all’altezza dei predecessori? Intanto serpeggiano voci velenose, che insinuano come tu, giovane Bruno, possa essere in Nazionale solo perché figlio dell’allenatore.
Ma il campo parla, con voce stentorea e impossibile da ignorare. Il campo non mente mai.
Accadde proprio in Italia, al Mondiale 2010: l’esperto Marlinho Yared deve farsi da parte.
Dall’altro lato della rete il Bel Paese davanti ai suoi tifosi e nessuna voglia di passare il testimone. E poi Cuba e le proprie regole ferree. Ma in quella staffetta sai come tagliare il traguardo per primo e la voglia di mollare non esiste. Il Brasile di Bernardinho e Bruninho è in cima al Mondo, ancora una volta.
IL RICHIAMO DEL TEMPIO
Festeggiare fu importante su quel suolo italiano e il telefono non tardò a squillare. Quella voce proveniva dal Tempio. Sì, quel famoso Tempio modenese conosciuto da tutto il mondo.
Non un luogo generico, un luogo di culto quello, un luogo dove sognare si può se fatto insieme, perché solo se riesci ad essere squadra puoi entrare a far parte dei club gloriosi dove la storia deve essere sempre aggiornata.
Il PalaDozza bolognese tradotto vuol dire Coppa Italia. Il Tempio parla la lingua di una Supercoppa magica. Ma Angelo lo sa cosa serve a Modena dopo tanti anni: lo scudetto.
«Bruno te la senti?».
«Certo coach, vinciamo insieme per questa gente».
Una corazzata perugina giunta all’atto finale in quel maggio 2016, nessuna traccia di paura, una dose d’ansia scacciata via dal vento di un dio venerato nel Tempio. Un vento che spinge i gialli modenesi affamati verso un sogno, realizzato senza dover chiudere gli occhi, e trasmesso al mondo del Volley in una gara dal sapore epico.
LA CACCIA ALL’ORO OLIMPICO
I 5 cerchi più famosi del mondo hanno come dimora Londra in quel 2012 che sembra fantastico, ma che in realtà si rivelerà tragico per il Brasile nella rimonta russa in finale, da 3-0 e 2-3. Una fotocopia di un foglio che vorresti solo stropicciare per la rabbia, raffigurante un’altra medaglia, quella d’argento.
Non è vero che chi piange è debole. Chi piange sta combattendo, chi piange ha combattuto, chi piange e poi pensa allo step successivo vuol dire che è un vincente nato.
La torcia olimpica quattro anni dopo arriva nel tuo Brasile, una torcida brasiliana pronta a spingere i ragazzi al massimo, tante difficoltà e tanta pressione, uno spettro di un’ennesima delusione dietro quell’angolo.
Ma non avesti paura e la affrontasti con grinta da capitano vero, armato fino ai denti di sicurezza, senza nessun tremolio di gambe e braccia.
Un’Italia vicina a quella medaglia stregata dagli dei olimpionici, il Maracanãzinho carioca che non voleva mollare, un abbraccio a Wallace per avvicinare un sogno inseguito per 8 lunghi anni, in quel posto dove forse quel giorno il Cristo Redentore esaudì la richiesta di un popolo.
Una medaglia di quel peso appesa al collo non la vedi tutti i giorni. Bruninho la guarda e riguarda convinto fosse un sogno bellissimo, ma guardando il padre piangono insieme. Fu quello il momento forse più alto di una carriera infinitamente fantastica che dice chi sei nel voleibol.
BRUNO E FEFÈ
Il Sesi San Paolo rappresenta una linfa della quale nutrirsi per ricaricarsi di gloria sportiva, proiettato col pensiero altrove. Sì, ma dove?
Si dice che dalle parti del centro Italia, una squadra sia schernita per aver perso tante finali. Così, nonostante il cuore gialloblu, esercitasti un patto con te stesso, un segreto mai rivelato, una missione che non poteva essere fallita per nessuna ragione.
Alla Lube trovasti Fefè, che vuol dire Generazione di Fenomeni. Un vero fenomeno appunto di una pallavolo che non esiste oggi e che non può lasciare la mente di un fanatico di questo sport.
Prese le mani di Bruno e ci mise una palla, lo guardò negli occhi e senza dire una parola si fece capire, chiamiamola intesa tra compagni di ruolo…
Pensare sì, ma poco. Agire però sin da subito, pronunciare il verbo vincere mentre gli altri cercano alibi. Allenarsi continuamente per assaltare l’Italia, per colorare di tricolore quel posto che si nutre di particelle di pallavolo. Con l’imperativo di zittire chi parlava troppo, senza pensare nemmeno un istante di non farcela.
I giganti russi dello Zenit vestivano i panni degli dei supremi, ma quel giorno probabilmente, troppo convinti delle loro capacità, sottovalutarono Bruno e Fefè, e furono costretti a posare lo scettro e a togliersi il mantello dei più forti d’Europa.
Re d’Europa ma con un ultimo desiderio, perché il mondiale per club disputato in Brasile era un’occasione più che ghiotta piena di tanta passione e, viaggiando sulle ali di un entusiasmo incredibile, salì su quell’aereo direzione Brasile e si diresse verso il Minas Gerais. Per sollevare al cielo l’ennesimo trofeo.
Una carriera piena di passione: 6 campionati brasiliani, 2 campionati italiani, una coppa del Brasile, 3 Coppa Italia, 6 campionati catarinense, 1 campionato carioca, una supercoppa italiana, un campionato sudamericano per club, una Champions League e un mondiale per club.
Oggi sono 34 anni di vita dedicati interamente alla pallavolo. Una storia che sembra facile e scontata, ma che in pochi conoscono, trascritta per anni e anni dalla penna di uno scrittore perfetto, dalle mani dorate. Uno scrittore che è riuscito a trasformare, senza l’ausilio di nessun rito di magia oscura, il sogno di ogni sportivo in realtà.
Tanti auguri Bruninho. A te che non ha mai pensato di mollare.