La polemica su Carli Lloyd in dolce attesa. Perché è importante?
Abbiamo lasciato passare qualche giorno per parlare della palleggiatrice americana Carli Lloyd e della squadra di serie A femminile di Casalmaggiore. Lo abbiamo fatto perché preferiamo trattare certe questioni “spinose” non sull’onda della polemica, ma quando un po’ del polverone si è riassestato.
Oggi però vorremmo tornarci. Non tanto per puntare il dito contro i commenti spiacevoli rivolti all’atleta da alcuni tifosi (comunque pochi, rispetto a quelli di supporto). Quanto, piuttosto, perché quanto successo può far riflettere; in particolare su come tutti noi intendiamo il concetto di “atleta”.
Ancora oggi, nel 2020, le pallavoliste e i pallavolisti di alto livello vivono e lavorano con contratti di collaborazione, equiparati a sport dilettantistico. Nessuno di loro è, sulla carta, considerato un professionista. Quindi niente tutele, niente cassa integrazione; e, nel caso di Carli e delle sue colleghe, niente maternità.
Riassumiamo quello che è accaduto.
L’ACQUISTO DI CARLY LLOYD
Ai primi di agosto la Vbc èPiù Casalmaggiore annunciava il grande ritorno in rosa di Carli Lloyd, palleggiatrice della Nazionale USA.
Non una giocatrice qualsiasi ma la regista che, con le sue alzate, ha condotto la società lombarda alla vittoria della Champions League nella stagione 2015-2016. Ai tempi la squadra era allenata da Massimo Barbolini e vantava, in roster, anche Francesca Piccinini: due che di Champions League ne sanno davvero qualcosa.
Il ritorno di Carli, dopo tre stagioni passate tra Brasile e Turchia, è stato salutato con grande entusiasmo da società e tifosi.
L’ANNUNCIO: CARLI È INCINTA
Pochi giorni fa, la sorpresa: attraverso i suoi canali social, Casalmaggiore ha annunciato che Carli Lloyd è in dolce attesa.
Una splendida notizia per la giocatrice che si prepara, insieme alla sua famiglia, ad affrontare un passaggio enormemente emozionante della sua vita.
Una notizia decisamente meno buona per la società, che su di lei aveva fatto affidamento per la prossima stagione sportiva e che si trova senza una giocatrice in un ruolo chiave. A poche settimane dall’inizio del campionato e senza, quindi, la possibilità di trovare rimpiazzi di livello da affiancare a Francesca Bonciani.
Sotto al post dell’annuncio, la maggioranza dei tifosi rivolgeva all’atleta appassionate congratulazioni. Alcuni facevano notare la situazione critica della squadra dal punto di vista tecnico. Infine c’era chi accusava l’atleta di scarsa professionalità. Magari anche con termini decisamente poco carini, spingendosi ad augurarle che il contratto le “venisse strappato”.
IL SUPPORTO DI CARLOTTA CAMBI
La società lombarda fin da subito si è schierata a fianco della sua giocatrice. A seguire è arrivata in supporto anche una vecchia compagna di squadra.
Si tratta di Carlotta Cambi, palleggiatrice del Bisonte Firenze (e della Nazionale) che aveva fatto da secondo a Carli proprio a Casalmaggiore, nella fatidica stagione della vittoria della Champions.
C’è un passaggio del post pubblicato da Carlotta che colpisce particolarmente nel segno e che dovrebbe portare a una riflessione: se un’atleta rimane incinta, non ha diritto a tutele di maternità come una lavoratrice dipendente. «Il suo contratto è carta straccia». Rimane a casa senza stipendio, fino al giorno del ritorno in palestra.
La questione infatti, ancora oggi, è che la pallavoliste non sono considerate professioniste. Sono ancora attualmente inquadrate come dilettanti. Stesso discorso per gli uomini.
Si tratta di un problema che ha pesato particolarmente durante il lockdown dovuto al Coronavirus, quando le società hanno annunciato tagli indiscriminati dei contratti senza alcuna possibilità di accedere ad ammortizzatori sociali.
Molti potrebbero pensare: «Con gli stipendi milionari che si ritrovano, non dovrebbero lamentarsi». Nel fare questo, abbiamo in mente i giocatori e le giocatrici super top, con contratti a 6 cifre. Ma questo genere di atleti, soprattutto nel mondo della pallavolo, si contano sulle dita di una mano. Sono solo la punta dell’iceberg di un movimento composto da centinaia di individui, il più dei quali ricevono stipendi non proprio di lusso.
È una delle ragioni per cui quest’anno è nata l’AIP, Associazione Pallavolisti Italiani: per difendere una categoria di persone che a volte osanniamo come eroi ma che, nella pratica di tutti i giorni, finiamo per trattare alla stregua di “dilettanti”.