Di padre in figlio. Il sogno a cinque cerchi di Conte e Tillie

Alice Chiarot

Ci sono passioni che si tramandano, passioni così forti che attraversano generazioni diverse delle stesse famiglie.

Ma le passiono sono anche storie di padri e figli, storie diverse ma allo stesso tempo simili. All’interno ci sono speranze, sogni, sacrifici, infortuni, risultati cercati e sperati e anche tante delusioni.

Lo abbiamo visto e più volte sentito raccontare, non sempre è facile portare sulle proprie spalle un cognome che per la storia di un determinato sport è stato importante, a maggior ragione se è quello del proprio padre. Dai tifosi ai giornalisti, tutti si aspettano che si provi ad eguagliare, se non addirittura a superare i risultati raggiunti in passato. La storia dello sport, non solo della pallavolo, è piena di questi esempi: le famiglie Maldini o Chiesa nel calcio, gli Schumacher nella Formula Uno, i Cagnotto nei tuffi, i Gentile nel basket, la famiglia Zaytsev e Rezende nel volley, solo per citarne alcune.

Le Olimpiadi di Tokyo appena concluse hanno regalato a tutti noi tifosi non pochi colpi di scena, e il privilegio di assistere a due belle storie di padri e figli arrivate assieme al bronzo e all’oro olimpico.

Il bronzo della famiglia Conte

Chissà quante volte papà Hugo avrà raccontato al figlio Facundo di quel giorno del 1988 quando alle Olimpiadi di Seul vinse con la sua Argentina, in compagnia di atleti come Waldo Kantor e Raύl Quiroga, il bronzo olimpico; il primo della storia albiceleste, battendo al tiebreak il Brasile.

Il fato ha voluto che 33 anni dopo la storia si ripetesse, nuovamente contro il temutissimo Brasile, nuovamente al tie break, con un ultimo muro di Loser. Quasi un remake, che nessuno si sarebbe aspettato.

Hugo Facundo

Andando a vedere più da vicino, le carriere sportive di Hugo e di Facundo hanno diversi punti d’incontro: entrambi hanno iniziato a giocare nei campionati argentini, per approdare poi giovanissimi nel panorama italiano e internazionale.

Hugo è stato un giocatore molto apprezzato nel nostro campionato: da giocatore, ha militato a Parma, dove ha conquistato il titolo di Campione d’Europa, a Catania con cui ha vinto il campionato di Serie A2, a Modena, a Cuneo e a Milano. Dopo aver appeso le ginocchiere al chiodo, si è dedicato alla carriera da allenatore e tra il 2007 e il 2009 ha avuto modo di allenare anche suo figlio, sempre a Catania. Nel 2011 è stato inserito nella Volleyball Hall of Fame.

Facundo invece si è fatto le ossa in Italia ma ha raggiunto i risultati più importanti giocando all’estero, dove in Polonia con lo Skra Belchatόw ha vinto un campionato, una Supercoppa e la coppa di Polonia; in Cina invece fra il 2016 e il 2018 ha conquistato due titoli nazionali. Quelle di Tokyo sono state per lui le terze Olimpiadi: proprio in questa occasione assieme ai suoi compagni, 33 anni dopo il papà, è riuscito ad eguagliare il suo risultato.

La cavalcata verso la finale per il bronzo, da sfavoriti, è stata entusiasmante quanto e forse di più della partita decisiva: un girone di ferro, la vittoria al tie break contro la Francia, poi l’eliminazione di due delle favorite come USA e Italia. Un percorso entusiasmante.


L’oro della famiglia Tillie

La passione per la pallavolo a casa Tillie è invece qualcosa che è stata tramandata da nonno a padre e poi da padre in figlio. È una famiglia di sportivi che conta al suo interno campioni di pallacanestro, come i fratelli di Kevin, e di pallanuoto, come lo zio.

La medaglia olimpica è sempre stata un sogno, ma di quelli all’apparenza impossibili, che svaniscono al risveglio: mai la Francia, fino a oggi, ci si era nemmeno avvicinata. Solo quattro qualificazioni alle Olimpiadi nella storia. Mai più dell’ottavo posto.

La carriera di Laurent si è divisa per lo più fra squadre del campionato francese – Cannes, Parigi e Nizza – e il club di Falconara con cui ha fatto conoscere le proprie doti da schiacciatore. In Nazionale ha avuto poi la sua consacrazione giocando ben 406 gare, diventando così il terzo giocatore per numero di presenze.

Kevin invece in questi anni ha girato un po’ tutti i campionati: da quello cinese a quello polacco, da quello italiano a quello francese. Nel 2012, a 22 anni, ha fatto il suo debutto in Nazionale, nello stesso anno in cui il padre ne è diventato l’allenatore. Da quel momento è stato una pedina importante. A Tokyo, invece, il suo ruolo è stato più da comprimario, per dare equilibrio in ricezione nei momenti difficili, mentre Earvin Ngapeth e Trevor Clevenot si smazzavano gran parte del lavoro in posto 4. Eppure la miscela ha funzionato: alla sua prima medaglia olimpica, la Francia si è aggiudicata quella più preziosa. Al termine di una partita indimenticabile; un tie break contro la Russia da annali della pallavolo.

Da oggi Laurent Tillie non è più ct della Nazionale francese, che sarà guidata fino alle Olimpiadi di Parigi dall’inossidabile Bernardinho.

Non c’era miglior modo di uscire di scena. Ed entrare direttamente nella leggenda.