Novembre 19, 2020

Pallavolisti in lockdown: i consigli di mental coach e psicologi

Tommaso Dotta

Senza girarci troppo intorno, siamo spaventati dalle conseguenze che questo secondo lockdown dell’attività sportiva giovanile (e non solo) potrà avere a livello sociale.

Tutti noi appassionati di pallavolo siamo da sempre un po’ abituati a sfogare su un pallone le frustrazioni della vita quotidiana. Oggi che questa valvola di sfogo viene a mancare, quali possono essere gli effetti? Come possono giocatrici, giocatori e allenatori provare a contrastarli?

Ne abbiamo già parlato con il coach Mauro Berruto. Oggi lo abbiamo chiesto a due figure molto competenti in materia: Giulia Momoli, mental coach ed ex Azzurra del beach volley, e Annalisa Sensi, psicologa e pallavolista.


Quali sono oggi i rischi peggiori per i giovani atleti e atlete?

Giulia Momoli

Ci sono delle differenze rispetto al primo lockdown: oggi c’è chi può e chi non può (allenarsi, gareggiare). C’è chi, nonostante possa, non si allena per scelta o perché non ha le strutture. C’è chi può andare a scuola e chi no, c’è chi può lavorare e chi no. La serie A gioca a singhiozzi – e mi sbilancio dicendo “per fortuna!”- ma tutto il resto è rimandato a gennaio.

Il nostro organismo è sempre più in condizioni di allerta perché ci sentiamo minacciati, produciamo stress. C’è grande incertezza intorno a noi; e l’incertezza porta con sé instabilità emotiva. Quello che noto nei giovani è che, se la prima volta avevano tenuto duro, adesso manifestano più rabbia, stanchezza, a tratti rassegnazione. Abbiamo l’inverno davanti e il timore che le cose non torneranno più come prima. Il rischio che si chiudano in loro stessi esiste, così come il rischio che perdano fiducia, entusiasmo, attaccamento.


Annalisa Sensi

C’è grande incertezza, anche tra i pochi che si stanno allenando. Il COVID è diverso per ognuno di noi. Per alcuni è un grosso rischio portarlo a casa. C’è chi si igienizza le mani dopo ogni scambio, chi non partecipa alla fase di gioco, chi gioca con la mascherina, chi compie solo certi fondamentali.

I rischi peggiori sono però per chi è costretto a rinunciare completamente allo sport. Si tagliano tutti i contatti con amiche e amici, vengono a mancare le relazioni. Vengono a mancare persino i gesti che ad allenamento compiamo in automatico, senza pensarci: abbracciarsi, darsi la mano, incitarsi.

La palestra è un posto di incontro e cambia a seconda dell’età. Per i più piccoli è fondamentale per imparare il movimento e il rapportarsi con gli altri. Per i più grandi è una valvola di sfogo. Senza dimenticare l’aspetto prestazionale: per alcuni che magari vanno male a scuola o hanno difficili situazioni familiari, lo sport diventa ragione di vita.

Una volta era l’oratorio: quella cosa che ti teneva fuori di casa. Ti dava indipendenza, slancio verso l’autonomia.

Giulia Momoli

Quali consigli rivolgeresti ai giovani per affrontare questo stop?

Giulia Momoli

Il mio lavoro come mental coach consiste nell’allenare un atteggiamento mentale efficace e dinamico utile ad affrontare con le migliori risorse anche ciò che non dipende da noi.

Perché la verità è questa: non è tanto quello che ci succede, ma cosa ne facciamo di quel che ci accade. E il significato da dare agli eventi lo possiamo decidere, a tratti anche pianificare con coscienza.

Quello che posso suggerirti è di avere cura del tempo presente.

Come?

  • Alimentazione, idratazione, sonno: mangia sano, bevi tanto, dormi per un tempo standard e non casuale per supportare l’organismo. Queste abitudini hanno un impatto importante nella qualità delle tue emozioni.
  • Allenati, muoviti: se puoi allenarti con la squadra benissimo, se non puoi fallo da casa, ma muovi il tuo corpo. In questo modo produrrai endorfine che ti aiuteranno a stare su di morale e a mantenerti in salute.
  • Crea delle routine che ti diano certezza e normalità: evita di seguire la didattica a distanza mentre sei ancora in pigiama o sei steso nel letto. Preparati ogni mattina come se dovessi andare a scuola, pettinati, vestiti, fai una buona colazione e poi organizza il tuo spazio di studio.
  • Gestisci il tuo tempo sui social: crea rete, stai connesso ai tuoi amici e ai tuoi compagni di squadra, ma senza esagerare. Datti un tempo limite quotidiano da passare sui social.
  • Scegli di informarti con qualità: leggi o ascolta una volta al giorno le notizie, ma fallo su siti attendibili. Le troppe informazioni aumentano l’incertezza e amplificano le sensazioni di disagio.
  • Concediti le emozioni: vuoi piangere? Piangi. Sei arrabbiato? È ok. Sei triste? Lo capisco. Le tue emozioni vanno accolte, ti suggerisco di tenere un diario: scrivere come ti senti in totale libertà e sincerità ti farà bene.
  • Focalizzati su piccoli obiettivi e portali a termine: cosa specifiche, che dipendano te. Possono riguardare la scuola, un tuo progetto, la pallavolo.
  • Ridi! Trova modi per ridere, per divertirti, per apprezzare la tua quotidianità in famiglia o con i tuoi affetti di sempre.
  • Sfrutta questo momento per imparare qualcosa, sii curioso.
  • Abbi fiducia: ne usciremo, ce la facciamo sempre, e torneremo a fare ciò che più amiamo.

Annalisa Sensi

Il mio consiglio è quello di provare comunque a tenere unito il “gruppo squadra”. Ad alcuni compagni o compagne, durante il lockdown, succedono cose brutte. C’è chi contrae il COVID o vede amici e parenti combatterlo.

Continuare a sentirsi e, magari, raccontarsi anche i momenti di sconforto e tristezza può essere utile. Serve trovare un collante che tenga insieme la squadra, per far sì che poi il gruppo possa tornare con entusiasmo in palestra quando sarà il momento.

Per gli adulti viene più semplice organizzarsi in autonomia. Per i giovani è fondamentale il supporto, in questa attività, di allenatori e genitori.

Annalisa Sensi

Cosa suggeriresti agli allenatori per aiutare i giovani in questo percorso?

Giulia Momoli

Noi adulti abbiamo un ruolo di grande responsabilità adesso: nel gestire la nostra personale incertezza, ci dobbiamo prendere cura dei più giovani. Dobbiamo proteggerli, infondere loro coraggio, fiducia nel futuro e nella vita.

Che tu sia un allenatore, un genitore, un insegnante, un educatore, puoi fare una grande differenza:

  • Guida con l’esempio: sii tu la prima persona a indossare un sorriso, sii tu il primo a evitare di lamentarti, sii tu il primo a portare nutrimento nella nostra società e nel tuo ambiente (con i tuoi atteggiamenti, i modi di pensare, di parlare, con le tue condivisioni sui social).
  • Resta in relazione con i tuoi ragazzi e le tue ragazze: fatti sentire, fai sapere loro che ci sei, che possono contare su di te, che gli copri le spalle oggi più che mai.
  • Tieni viva la fiamma della passione: manda loro dei video da guardare, proponi esercizi di studio della partita, di un fondamentale, di una situazione.
  • Se vi allenate in presenza dai loro degli obiettivi a breve termine che siano staccati dalle performance (che si sono spostate a gennaio), se non vi allenate in presenza organizza delle sessioni online (lavoro fisico, condivisione…) prevedendo comunque degli obiettivi.
  • Proponi loro esercizi di team building, di scrittura, di consapevolezza: sfruttate questo momento per conoscervi meglio (qualche spunto lo trovi sul mio sito o sulla mia pagina Facebook)
  • Insegna loro qualcosa: stimola la curiosità, apri nuove strade.
  • Fai immaginare loro scenari futuri in cui torneremo alla normalità.
  • Credi, tu per primo, che ne usciremo.

Torneremo a giocare. Magari ammaccati e incerottati, ma forse più consapevoli. E grati.


Annalisa Sensi

Agli allenatori spetta il compito di trovare un collante che tenga la squadra insieme. E, magari, che da questa esperienza ne possa persino uscire rafforzata.

Lo sport gira intorno a qualcosa di fisico; gli esercizi fisici si possono proporre anche a distanza. Ma ci sono anche modi per inserire la competizione e la collaborazione. Ad esempio si possono proporre alla squadra giochi online da fare insieme, che non necessariamente si basano sulla pallavolo ma col lavoro di squadra sì: ad esempio Pictionary, Scribble, il gioco dell’impiccato.

Servirà far passare questo messaggio anche ai genitori, soprattutto dei più piccoli, perché invoglino figlie e figli a tenersi in contatto.

Serve fiducia, ma non possiamo purtroppo proiettarci eccessivamente in avanti. Non ci sveglieremo a COVID finito. Dobbiamo trovare la nostra misura, come col primo lockdown, anche provando, sbagliando, sgomitando.