Ottobre 27, 2022

Galassi miglior centrale del Mondiale: «Giuro, non ci credevo»

Tommaso Dotta

«Mi hanno detto: “Ma che faccia hai fatto quando sei stato premiato?” Giuro, non ci credevo. Emozione e sorpresa, la più naturale possibile. Qualcosa che davvero non mi aspettavo, non credevo di poter realizzare».

Lo ammette molto candidamente Gianluca Galassi, 25 anni, atleta Mizuno in forza al Vero Volley Monza e nella Nazionale di pallavolo maschile Campione del Mondo. Il suo nome, al momento della premiazione dei Migliori Centrali del Mondiale, è stato chiamato subito dopo quello del polacco Mateusz Bieniek. Per la sorpresa un po’ di tutti.

«Mi fa molto ridere perché dopo la prima partita col Canada un giornalista mi ha chiesto: “Che aspettative hai per questo Mondiale?”. Io ho risposto che l’obiettivo di squadra fosse arrivare più in alto possibile. Considerando che 12 su 14 di noi erano all’esordio in questa competizione, era difficile lanciarsi in un pronostico. “E invece se ti dovessero mettere tra i migliori 6?”. Io a quel punto ho ammesso che arrivare a medaglia ed essere inserito tra i migliori sarebbe stato davvero un sogno. E invece eccoci qua».

In cosa Gianluca Galassi deve andare oltre? Su quale aspetto del suo gioco sta lavorando?

«Qualche anno fa avrei detto il muro. Oggi invece ho problemi con la battuta. Non tanto nel gesto tecnico in sé e per sé, ma a gestire determinati momenti della partita quando sono al servizio. L’attacco, fin dai primi passi nella pallavolo, è stato il mio fondamentale principale; quello in cui sono più disinvolto e che mi ha aiutato ad arrivare a questi livelli. Nel muro non sono Matteo Piano, che è fortissimo, ma me la cavicchio. La battuta purtroppo è ancora troppo un terno al lotto. Sembra esagerato dire una cosa del genere, ma è così: a volte va molto bene, altre entro in un loop che mi porta a compiere qualche errore di troppo. Con la conseguenza di perdere concentrazione anche sul resto del mio gioco. Secondo me è un limite più mentale che tecnico; anche perché in allenamento spesso riesce bene. Purtroppo in partita in base ai momenti, ma anche in base alla mia performance generale, a volte non gira. La verità è che sembriamo grandi, grossi e invincibili, ma siamo persone normali. Tutti quanti eravamo sorpresi ed emozionati per il Mondiale. Tutti quanti avevamo paura prima della finale. Siamo umani, non siamo robot».

Gianluca Galassi Mizuno

«Ci sono stati tanti momenti passati insieme – racconta Gianluca Galassi – in cui si vedeva che, con questo gruppo della Nazionale, eravamo uniti. Nessun atleta sceglie mai le proprie squadre: sono persone che trovi una volta entrato nello spogliatoio. Eppure da subito, già dall’Europeo, tra di noi ha funzionato; anche in soli dieci giorni di collegiale. Quest’anno abbiamo avuto ancora più tempo per stare insieme; e siamo stati veramente bene».

«Siamo una Nazionale di gamer. C’è chi gioca a Mario Kart (Francesco Recine in questo è imbattibile), chi a Gran Turismo o Formula 1. La mia specialità sono gli sparatutto, tipo Fortnite. Fa ridere, ma durante collegiali e competizioni si passa un gran tempo in camera: noi ci trovavamo spesso a giocare nelle stanze dei compagni di squadra o con altri nella nostra. Si finisce per legare davvero».

«La mia scaramanzia è indossare mutande bizzarre per le partite e ascoltare Sabbie Mobili di Marracash. Però, come dice coach Fefé De Giorgi, le scaramanzie dopo che perdi due partite vanno a farsi benedire».

«Personalmente, non mi sento cambiato dalla vittoria dell’Europeo e del Mondiale. Sembra difficile, ma anche se siamo riusciti a raggiungere questi traguardi abbiamo ancora fame, c’è veramente tanta voglia. Per molti di noi sono i primi anni in maglia azzurra; si potrebbe pensare che siamo già appagati, ma possiamo assicurare che non è così. Quello che cambierà è che queste due competizioni le abbiamo vinte da outsider. Non eravamo favoriti, solo una buona squadra con dei talenti. Dall’anno prossimo, dalle qualificazioni all’Olimpiade, saremo campioni in carica; tutti ci vorranno battere e sarà ancora più difficile».